Alpagueur 6 / 10 14/01/2021 10:59:04 » Rispondi Fernando Di Leo, noto principalmente per i suoi thriller d'azione italiani, ha diretto questo filmetto di exploitation, ambientato in un elegante "manicomio" dove le mogli ricche vengono "messe via" per "stare meglio" dai loro mariti "preoccupati". Immagino che molti considereranno "La bestia uccide a sangue freddo" (alias "The cold blooded beast"...titoli alternativi come "Slaughter Hotel", "Asylum Erotica" o addirittura uno francese che si traduce approssimativamente come "Le insaziabili bambole erotiche del Professor Hitchcock" penso non siano accurati e anzi fuorvianti) una sorta di giallo. Un assassino, che indossa un mantello nero, guanti neri e un passamontagna (Di Leo lo inquadra per lo più in ombra e da lontano), sta selezionando le pazienti da uccidere e spetta allo spettatore decidere chi è questo misterioso psicopatico. Potrebbe essere l'enigmatico uomo di poche parole, il dottor Francis Clay (Klaus Kinski, affascinante e con le labbra serrate come lo era normalmente in questo periodo della sua carriera), adorato dalla paziente trascurata, Cheryl Hume (Margaret Lee)? Potrebbe davvero essere qualcuno con una psicosi squilibrata a indurlo a scagliarsi contro le donne? Lo stuolo di bellezze che popolano questa istituzione bloccata includono Rosalba Neri (che ha rubato la parte nei panni della sensuale ninfomane, Anna Palmieri, la cui malattia potrebbe derivare dalla fine della relazione incestuosa con suo fratello, che fornisce uno strato extra di sporcizia che non mi aspettavo), Jane Garret (nei panni di Pearl, ragazza mulatta praticamente abbandonata dai suoi genitori) e Gioia Desideri (nel ruolo di Ruth, una paziente con tendenze suicide e omicide). L'istituzione, che assomiglia più a un resort alla moda che a una tana per pazzi, ha una grande stanza piena di armi bianche medievali (non sono sicuro del motivo per cui queste armi siano usate come decorazioni per un luogo dedicato a mogli ricche, ma tormentate) che l'assassino userà ovunque, come un pugnale, una spada, una balestra, una Vergine di ferro (!) e un mazzafrusto (usato per colpire le teste delle infermiere in un assalto affrettato e disperato mentre la polizia lo insegue!). La violenza, ad essere onesti, è fuori dallo schermo e curata in modo da non dettagliare eccessivamente il tipo di ferocia che sembra implicita (quando Di Leo mostra i risultati della ferocia dell'assassino, essi sono meno raccapriccianti di quanto potrebbe sembrare, come per es. il destino di Rosalba/Anna). Questo film presenta anche (con mio grande piacere) una fiorente storia d'amore saffica tra un'infermiera (la bellissima e minuta Monica Strebel/Hylde) e la sua paziente preferita, Pearl, inclusi un massaggio e una insaponata al seno con la spugna nella vasca da bagno, culminante in una sensuale danza afro e una breve, ma eccitante, sessione d'amore. Ero un po' frustrato dal fatto che Di Leo si allontani dal loro climax proprio mentre stava diventando bello, ma l'intero film sembra evitare di "andare troppo lontano" (anche se ci sono un sacco di riprese inguinali a nostra disposizione). La Neri, a dirla tutta, è il motivo per rispolverare questo film d'annata: brucia il potere seduttivo e fa l'amore con noi attraverso la telecamera (ogni centimetro del corpo di questa donna è allettante). Chi potrebbe criticare il giardiniere (John Ely) per non essersi rotolato con lei nella serra?!? Ancora una volta, la loro scena di sesso arriva solo a un punto "sicuro" specifico, senza diventare troppo softcore. Anche Margaret Lee, che non è certo una sciatta, ha una scena simile a quella finale della Neri, dove si contorce in estasi sul suo letto, nuda e in uno stato di beatitudine, apparentemente colta in un sogno fantastico. Se ti piace tutto ciò, allora Di Leo non ti deluderà. Rosalba praticamente fa l'amore con il suo letto, si masturba e sguazza tra le lenzuola così come un maiale si rotola nel fango; è affascinante se ami la forma femminile. Kinski (dott. Francis Klay) è ambiguo e strano nel comportamento, tanto quanto deve esserlo per convincere il pubblico che forse è lui l'assassino. Un John Karlsen dall'aspetto un po' confuso e anziano interpreta il medico principale della clinica (prof. Osterman), con vari altri inservienti e personale addetto alla cura dei giardini, completati dal sinistro Mr. Hyde, l'attore Fernando Cerulli (Augusto, l'autista), inventato per sembrare un po' un alter ego del buon professore/Kinski...una bambola kewpie per coloro che si divertono ad indovinare chi è l'assassino! Questo film è stato uno dei thriller più efficaci del dopo "Gli orrori del liceo femminile" (alias "La residencia"/"The house that screamed", anno 1969) a venire fuori iniziando a mescolare contenuti sessuali grafici con violenza sempre più grafica: l'unica domanda è diventata come giustificare narrativamente questa combo sesso & sangue. Fernando Di Leo ha scelto un'angolazione divertente e soddisfacente che in realtà suona come la premessa per un film porno. Klaus Kinski ha un taglio di capelli qui che lo fa sembrare un membro degli Yes dei bei tempi ed è sullo schermo per forse venti al massimo dei novanta minuti circa di attività del film, durante i quali riesce a fumare due o tre sigarette, pronunciare alcune righe di psico-balle e fare innamorare Margeret Lee di lui. Abbastanza buono per un paio di settimane di lavoro, direi. La "vergine di Norimberga", usata dall'assassino per uccidere Augusto, mi ha ricordato quella de "Gli orrori del castello..." di Mario Bava, stesso anno di questo (non so quale dei due sia uscito prima). Certo è piuttosto curioso vedere strutture sanitarie di quel tipo con asce da battaglia a due mani et similia come decorazioni murali nei loro edifici, ma mi è piaciuto anche il modo in cui Di Leo è stato in grado di combinare gli elementi di un thriller gotico con una lurida immagine di sesso moderna in modo così semplice: le scene dell'assassino che si aggira nell'oscurità, seleziona le armi e poi deve scorrazzare per rimanere inosservato hanno avuto una certa qualità, che in un certo senso ci hanno permesso di infilarci nei panni dell'assassino, anche se ci si chiede perché una clinica medica potesse avere quella che sembrava essere una scorta inesauribile di sigarette per i personaggi su cui sbuffare così copiosamente, ma a quanto pare nel 1971 in Italia tutti fumavano. Di ulteriore interesse la villa utilizzata per almeno alcune delle riprese, è lo stesso edificio utilizzato in "Nella stretta morsa del ragno" (alias "Web of the spider") di Antonio Margheriti, dello stesso anno (1971)...il corridoio al piano di sopra è esattamente lo stesso set, solo con le pareti dipinte di bianco e i mobili riorganizzati (la casa di cura in Francia, questa sorta di asilo dove gli "ospiti" sono liberi di entrare e uscire a loro piacimento e le deliziose pazienti sembrano passare la maggior parte del tempo a giocare a croquet, è in realtà Castello Chigi a Castel Fusano, nell'Agro Romano).
Il red herring qua è il caschetto biondo dell'assassino (Harold Hume)...molto simile a quello del dott. Klay. Harold voleva uccidere la moglie Cheryl (innamorata di Klay) per impossessarsi della sua azienda, della quale la donna era l'unica titolare, così decidere di mettere su un teatrino per inscenare l'opera di un improbabile killer psicopatico di donne con problemi mentali e coprire in questo modo il vero movente, la moglie sarebbe stata la quinta (e ultima) vittima e nessuno avrebbe sospettato di lui. Ma l'ispettore Korres (Ettore Geri), dopo aver rimproverato per bene tutti i medici della clinica, Osterman in primis, per aver modificato la scena del crimine senza prima avvisare la polizia, intuisce tutto e gli tende una trappola (con la complicità della stessa Cheryl, di Osterman e di Klay), nella quale puntualmente cade. Viene da chiedersi però come mai l'infermiera (la prima vittima, che verrà decapitata con una falce) non gli avesse chiesto cosa ci facesse in giardino quella notte...d'accordo che lo conosceva, in quanto veniva a trovare spesso la moglie in clinica, ma l'ora era piuttosto insolita. Una domanda mi sembrava il minimo indispensabile. Invece lei lo guarda in modo strano e poi prosegue, senza rivolgergli la parola. Anche la carneficina finale, nella stanza delle infermiere, con il mazzafrusto, mi è sembrata eccessiva se il suo unico scopo era quello di esautorare la moglie, dato che ormai il piano era era fallito. Quindi era veramente un folle psicopatico (oltre che freddo calcolatore)? Evidentemente si. Ma il regista non accenna a nessun trauma infantile o giovanile da parte di Harold, quindi le ipotesi si sprecano e il giallo continua. La trovata dell'assassino che uccide un ristretto gruppo di persone per mascherare l'unico vero delitto era già stata sdoganata nel 1962 da Mario Bava (in realtà il merito principale va ad Agatha Christie e al suo romanzo "La serie infernale" alias "The A.B.C. murders", pubblicato per la prima volta nel 1936), e sarà poi utilizzata anche in "Giornata nera per l'ariete" di Luigi Bazzoni e ne "Lo strano vizio della signora Wardh" di Sergio Martino, ambedue del 1971. Anche Umberto Lenzi nel 1972 e Antonio Bido nel 1978 sfrutteranno in qualche modo l'idea per i rispettivi ottimi "Sette orchidee macchiate di rosso" e "Solamente nero", seppur con qualche piccola variazione di concetto (ossia il killer che è costretto ad uccidere un gruppo limitato di persone per essere certo di mettere fuori gioco quella giusta, sacrificando le altre innocenti). Ero deciso a dare 4 fino a dieci minuti dalla fine, perchè convinto che l'assassino fosse Klay (troppo facile! ogni tanto uno scorcio di quel caschetto...), ma l'epilogo mi ha discretamente spiazzato.