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VITAL regia di Shinya Tsukamoto

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  24/10/2011 12:54:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Amore e morte secondo Shinya Tsukamoto,un film romantico in un'accezione del termine molto divergente dal quel significato comune cui siamo avvezzi.Nessuna smanceria,nessuna concessione a svenevoli frasi da rotocalco rosa ma solo un devastante e (devastato)sentimento in grado di trascendere le regole esistenziali cui ogni essere vivente è soggetto, per trovare compiutezza in un accogliente limbo/arenile.
Una storia d'amore declinata secondo la concezione artistica di un regista dalla spiccata propensione alla sovversione visiva e tematica,un anarchico in realtà autoregolamentato,geniale nell'elevare il contrasto o l'eccesso a mezzo nobile per dar lustro al proprio pensiero di disorientate profondità.
In questo caso l'eccedenza è più presunta che effettiva,l'argomento a prima vista può sembrare irrispettoso o addirittura offensivo ed invece è uno splendido viaggio introspettivo di rara delicatezza che utilizza il tabù della morte e in particolar modo la chiusura mentale verso un'operazione dai più considerata raccapricciante ,come clamoroso trait d'union di un destino spezzato da un tragico incidente stradale.
L'amnesia del protagonista è un vaso vuoto da riempire,Tsukamoto conduce per mano lo spettatore alla scoperta della vita di Hiroshi,facendo riaffiorare i ricordi del ragazzo (la star nipponica Tadanobu Asano) dapprima come reminiscenze confuse,poi mediante immagini sempre più nitide e dolorose distribuite secondo un particolare criterio logico mirato allo svelamento della relazione con Ryoko e alla misteriosa identità di Ikumi.
Da elogiare l'elegante fotografia spesso virata su toni bluastri e la regia accorta,stranamente mai nervosa come spesso riavvisabile nelle pellicole più celebri del regista, da cui comunque "Vital" si distanzia in modo netto,rifuggendo sequenze morbose e raggiungendo una reverenza composta ma partecipe nei confronti dei defunti (un po' come in "Departures" di Yojiro Takita),tramutando l'autopsia, o dissezione, in un ultimo straordinario atto d'amore spirituale.