caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

VITAL regia di Shinya Tsukamoto

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Tumassa84     8½ / 10  29/06/2011 07:19:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tsukamoto finalmente alla resa dei conti con il corpo umano, tema centrale di tutta la sua opera nei 10 anni che vanno da Tokyo Fist ad appunto Vital. Egli in questo film studia, osserva, sviscera, disseziona il corpo per capirne i segreti, una vera ossessione che raggiunge qui il suo culmine. Infatti, nelle pellicole susseguenti a Vital Tsukamoto lascerà definitivamente la dimensione corporea dell'uomo per concentrarsi sull'immateriale, lo spirito, i sogni (come dimostrano non solo Haze e i due Nightmare Detective, ma anche Tetsuo The Bullet Man che è indubbiamente il meno corporale dei tre Tetsuo).

Questo è anche l'ultimo film che utilizza come motore quello del triangolo amoroso. Triangolo amoroso che qui è quantomai macabro: lui, lei e il cadavere dell'altra da dissezionare insieme. Il rapporto gerarchico tra i tre personaggi è molto evidente: in cima alla scala vi è la ragazza morta. Ella non solo sembra possedere una pace interiore e una serenità sconosciute agli altri due, ma è a tutti gli effetti l'artefice del percorso di Takagi verso il recupero della memoria, configurandosi come una sorta di deus ex machina: è sua infatti la scelta di donare il proprio corpo e di chiedere che fosse proprio Takagi a dissezionarlo, prevedendo che ciò gli avrebbe permesso di superare i propri problemi (di cui non poteva essere a conoscenza, dimostrando quindi una capacità di preveggenza acquistata probabilmente grazie alla posizione liminale tra il mondo dei vivi e quello dei morti in cui si trovava).

Ikumi, invece, è al gradino più basso del triangolo: ella in fatti è il personaggio più debole, inevitabilmente attratta da Takagi ma frustrata dal fatto di non rappresentare niente per lui, che è concentrato solo sulla dissezione del cadavere della sua ragazza tramite il quale riscopre e si riappropria del rapporto perduto. Le sue debolezze si chiamano soprattutto insensibilità e orgoglio. Insensibilità che si evince quando il professore si uccide dopo essere stato scaricato da lei, poichè Ikumi nonostante sia la responsabile rimane fredda e impassibile, incapace di provare pena. Orgoglio perchè Ikumi non riesce ad accettare le proprie debolezze e i propri difetti: si rifiuta di usare la mascherina nonostante sia la più impressionabile di fronte ai cadaveri e vuole a tutti costi essere la migliore. La sua attrazione e frustrazione saranno catalizzate proprio da Takagi perchè lui è lo studente più brillante, ma alla fine riuscirà a maturare e ad affacciarsi a una nuova vita, come testimonia l'ultima scena in cui la vediamo quando ringrazia Takagi (che invece con lei si era scusato per non averle dato alcuna attenzione).

Tra questi due poli si situa Takagi, il protagonista del film. Egli infatti è motore del percorso evolutivo di Ikumi ma contemporaneamente usufruisce del ruolo di Ryoko per il proprio percorso: la riappropriazione della memoria e della propria identità passa obbligatoriamente attraverso la dissezione del cadavere della ragazza. Il non-stile di recitazione di Asano Tadanobu, che conferisce sempre una certa aura di apatia ai suoi personaggi, fatta eccezione per l'eccentrico Kakihara di Ichi the Killer, qui è perfetto per tratteggiare lo stato di amnesia e smarrimento del personaggio principale. La sala autopsie ricorda molto la palestra di Tokyo Fist, come luogo sotterraneo dove le regole della società vengono sovvertite (così come normalmente per strada non si può fare a pugni, sarebbe anche impossibile dissezionare un cadavere alla luce del sole), in cui si deve fare i conti con se stessi. Quindi, tramite le estreme esperienze possibili solo in questi luoghi, il protagonista tsukamotiano può divenire padrone del proprio corpo e della propria coscienza.

Sullo sfondo del film abbiamo nuovamente la stagione delle piogge, proprio come in "A Snake of June", e Tokyo sembra sempre più in armonia con gli elementi naturali come testimoniano inquadrature di fiori o di palazzi alla cui base scorre vigorosa l'acqua simbolo della vita. Tsukamoto si mette dunque definitivamente alle spalle il tema del corpo umano e del suo rapporto con la metropoli odierna con questo bellissimo film, ennesima conferma del talento e della sensibilità del regista.