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SATANTANGO regia di Bela Tarr

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elio91     7½ / 10  31/05/2012 15:39:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da dove partire?
Dalle lande (ungheresi) desolate di Tarr, dove le vacche vagano nella pioggia e nel fango. Dove gli uomini sono eternamente in attesa di un'Apocalisse che sta per arrivare ma non arriva mai o forse è già giunta e nessuno se ne è accorto.
Gli uomini camminano, sperano, danzano, si (auto)distruggono in un tango satanico di speranza e bestialità.
E ancora, i messia (falsi come tutti i messia, servi dello stato) che tornano dalla morte (?) per portare nella "terra promessa" gli uomini.

Mi risulta comunque difficile parlare di Satantango, ma credo sia comune a tutti quelli che l'hanno visto. Sette ore sono tante e pure troppe per una sola lunga seduta, come Tarr vorrebbe sia visto questo suo film. Anzi meglio dire impossibile.
Riflettendoci bene, a rendere Satantango un capolavoro amatissimo da tanti cinefili è il suo andare oltre il cinema stesso infrangendone qualunque regola di tempo e forma; impossibile trovare cinema uguale e neanche simile: inutili anche i paragoni con Tarkovskij per cui forse gli altri lavori di Tarr possono essere paragonati, ma questo di certo no.
Ma a me ha lasciato più perplessità che altro. Satantango, certo, è una continua reinvenzione del tempo; chi in un commento precedente ha citato Einstein on the Beach come controparte musicale ha fatto uno dei paragoni più azzeccati che abbia mai letto, perché condividono un tempo che si ripete ossessivamente scandendo il ritmo ed avanza con talmente tanta lentezza da non fartene rendere conto, e tu ti perdi in questo limbo fin troppo realistico.
è una pernacchia alla famosa frase hitchcockiana del "cinema come la vita ma con le parti noiose tagliate"; Satantango è cinema oltre la vita che delle cosiddette parti noiose riempie la maggior parte delle sette ore di durata.
Che quindi lo si ami o si odi è giusto riconoscere la grandezza e la sperimentazione di un'opera d'arte, ché tale Satantango è.

Eppure ribadisco di non essere personalmente convinto e neanche d'accordo con l'esperimento radicale di Tarr.
Se il cinema mostra uno svuotamento (ovviamente voluto) di significato, e lo ribadisce con un certo compiacimento e ossessivamente in sette ore e mezza, allora per me a poco a che vedere col cinema in senso stretto.
La noia, appunto, regna sovrana. Ci si sente certamente difficoltosi a mantenere la visione ma non per i personaggi abbruttiti o il senso privato, bensì perché non accade nulla o quasi.
Ci sono tra le lunghissime, estenuanti, interminabili carrellate che ci mostrano i personaggi camminare in un paesaggio desolato, quasi dei picchi di intensità emotiva in cui musica, recitazione, immagine, ritmo pur ripetendosi ossessivamente con poche variazioni (OSSESSIVAMENTE) ti rapiscono trasportandoti in un'altra dimensione; quella che Tarr appunto crea con uno stile estremista. Ma poi si ripiomba nell'apatia e nel vuoto. Questo potrei sopportarlo anche per tre ore; ma sette mi spiace proprio no. Si richiede troppo allo spettatore, chiunque esso sia, e se qualcun'altro è disposto ad accettare tutto io non ce l'ho fatta e lo sbadiglio me lo son fatto per minimo tre ore e mezza.

Di trama neanche a parlarne. Questa gigantesca opera resta affascinante in ogni caso perché la trama, la storia che si vorrebbe vedere si perde in continuazione nel vuoto filmico dei pianisequenza estenuanti. Tarr lo sa benissimo.
Mi son sentito come il gattino torturato dalla ragazzina, forse la sequenza che davvero (insieme al ballo satanico) mi ha colpito più di tutte: Tarr ci avrà preso per i gattini? Quel che è certo è questo: come quel personaggio in particolare, ci ha mostrato l'apocalisse e la tendenza alla morte e alla disumanità del brutto come mai nessuno ha probabilmente mai fatto.
Esperienza da fare, su questo siamo tutti d'accordo.