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MICA SCEMA LA RAGAZZA! regia di Francois Truffaut

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ULTRAVIOLENCE78     8 / 10  09/01/2009 17:13:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
« Une belle fille comme moi » (lett. « Una bella figliola come me”), orrendamente titolato in italiano come “Mica scema la ragazza”, è –a mio avviso- da considerare tutt’altro che un film minore o “sarcasticamente gratuito” (vedi Il Morandini). François Truffaut offre la sua misogina prospettiva sulla donna, qui ritratta come una figura opportunista, beffarda, laida (come dimostra il suo linguaggio arbitrariamente scurrile), amorale, spietata e crudele; ma soprattutto “letale” nella sua irresistibile carica erotica da “femme fatale”. Ella, a partire dalla sua infanzia fino all’età adulta, non farà che mietere vittime, facendo cadere nella sua rete svariate tipologie di uomini così esternamente diversi fra loro, ma interiormente accomunati dall’istinto animalesco di possedere la donna. Sotto quest’ultimo aspetto, Truffaut controbilancia la misoginia di cui è imbevuta l’immagine femminile esemplata dal personaggio di Camille, facendo orbitare attorno ad essa una sequela di figure maschili negative, pronte ad abdicare a qualsiasi responsabilità, pur di conquistare l’oggetto della loro concupiscenza: la donna, ridotta a mero strumento atto ad appagare le loro bestiali pulsioni. Passano così in rassegna: il padre di Camille, che sfoga su di lei le sue ire tirando sonanti calci sul suo sedere; il marito, costantemente dedito ad ubriacarsi e a maltrattarla; l’”artista” che non si fa scrupoli nell’illuderla sulla possibilità che possa calcare le scene insieme con lui; l’avvocato, che la turlupina spillandole di volta in volta denaro; il disinfestatore, la cui esterna immagine di benefattore nasconde intenzioni tutt’altro che altruistiche; e infine il criminologo Stanislao Prévine. Quest’ultimo incarna il personaggio maschile più emblematicamente significativo, in quanto riassume in sé i due aspetti più stridenti della più “nobile” civiltà: da un lato l’istruzione e la cultura, e dall’altro le più basse tensioni, qui rappresentate da un ottenebrante e “mortifero” Eros. Stanislao pagherà lo scotto della rinuncia alla “ragione” con la privazione della libertà, così come manifesta l’ultima tragica e beffarda sequenza che, passando attraverso un campo medio dallo stesso Stanislao (ripreso nel cortile della prigione) all’immagine della sua segretaria sul balcone di un appartamento intenta solitaria a battere a macchina, sembra dileggiare soggetti vittime dei propri sentimenti.
La misoginia s’incontra, dunque, con la misantropia per dare foggia ad un’umanità che non ha più niente di umano, perché animata soltanto da inclinazioni e istinti triviali, a cagione dei quali ogni individuo è esclusivamente teso a sfruttare il prossimo.
Il tono surreale e grottesco della narrazione può apparire delle volte forzato, ma il sarcasmo di cui è permeato è in perfetta linea con l’impianto tragicomico della storia.
ULTRAVIOLENCE78  18/01/2009 10:40:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
mannaggia a me, volevo dire "gratuitamente sarcastico"...