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IL CANE GIALLO DELLA MONGOLIA regia di Byambasuren Davaa

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gerardo     7 / 10  17/05/2006 18:47:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"...molto elegante il gusto della forma del colore

solido intenso nulla
compiuto, lievitante
è l'aria l'elemento
il vuoto la sostanza"

Guardando questo film mi è subito venuto in mente l'ultimo disco dei CSI, "Tabula Rasa Elettrificata", emozionalmente legato al viaggio di Ferretti e Zamboni in Mongolia (da cui anche il libro "In Mongolia in retromarcia"). Il film, che è una sorta d'innesto documentario nella finzione, segue le piccole grandi vicende quotidiane di una famiglia (vera) nomade della steppa mongola e dedita alla pastorizia, legata allo scorrere delle stagioni e in perenne conflitto/simbiosi con la natura totalizzante che li circonda. Preghiera e leggende fanno da sfondo alla vita culturale di queste semplici esistenze.
Abituati all'affastellarsi talvolta frenetico di elementi e accadimenti narrativi e visivi, noi occidentali ci ritroviamo alquanto spiazzati di fronte al "solido intenso nulla" di questo mondo, di questo film in cui non succede praticamente nulla.
Con un pizzico di malizia vien da pensare che tutta l'operazione possa essere uno specchietto per le allodole piuttosto folkloristico, apposta per un pubblico occidentale trés chic e dal palato fine stuzzicato da esotismi non massificati, non da poco.
In ogni caso, fotografia e scenari straordinari. Om mani padme hum.

"e poi tu dici andiamo
san bai non san buonagiornata"
gerardo  19/05/2006 12:21:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
C'è una scena particolarmente bella e significativa, al limite del grottesco: la UAZ che percorre la strada deserta nella steppa annunciando le imminenti elezioni politiche, con tanto di invito a recarsi alle urne per votare, ché "il voto è un diritto"... Bellissima scena.