caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

HOLY SMOKE regia di Jane Campion

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     7 / 10  25/02/2018 18:39:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'aggettivo che meglio si adatta a un film come "Holy smoke" è "spiazzante". Quando si pensa di essere finiti in un film esotico su una ragazza occidentale in India, eccoci precipitati nell'Australia più classica, quella delle praterie a perdita d'occhio e dei canguri. Non appena si raggiunge un climax di alta intensità drammatica, ecco subito una virata verso un anticlimax grottesco, se non addirittura farsesco (basti pensare al ritratto della famiglia di Ruth). E quando il film si rinchiude tra quattro pareti come un kammerspielfilm, giungono improvvise e immotivate le intrusioni del mondo esterno (la serata passata nell'ambigua discoteca). Ancor più tutto ciò vale per il personaggio di P.J., il deprogrammatore, che da un'entrata in scena in cui è descritto come un vero e proprio deus ex machina (un po' come "l'uomo che risolve i problemi" in "Pulp fiction") precipita progressivamente in una patetica condizione di degradazione morale e persino fisica (nelle ultime scene lo vediamo vestito da donna mentre implora l'immagine di Ruth come una divinità indiana). Insomma, risulta chiaro che Jane Campion si è presa il lusso di tornare a girare in completa libertà, usando i mezzi espressivi più disparati, e il risultato, pur disorientando come dicevo all'inizio, è più che lusinghiero, anche e soprattutto perché riconferma lo stato di grazia della regista nel creare immagini memorabili e originali.
Da un punto di vista tematico, la Campion sembra poi avere accentuato un certo cinismo di fondo: la riflessione molto new age (o anti new age) sull'esposizione della mente agli influssi dei vari santoni, guru e plagiatori contemporanei, laici o religiosi che siano, è infatti surclassata dall'analisi impietosa dei rapporti di forza e di potere che si instaurano in ogni coppia e che trasformano una relazione a due in un crudele gioco psicologico, il quale annulla ogni possibilità di amare se non sotto la forma estrema della compassione e della pietà.