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CRIMES OF THE FUTURE regia di David Cronenberg

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Godbluff2     6½ / 10  29/04/2022 14:52:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da vedersi più come un laboratorio sperimentale, un contenitore primordiale di tutte le ossessioni che domineranno il cinema di Cronenberg per almeno tre decenni, un banco di prova per un giovane autore. Si tratta di cinema fortemente indipendente (nel senso più totale del termine, non solo produttivo, visto che Cronny qui si occupa di regia, soggetto, sceneggiatura, fotografia, montaggio e probabilmente cucinava anche il pranzo per gli attori, più fatto in casa di così...) e fortemente sperimentale per quanto alcuni aspetti sperimentali del film, così come per "Stereo" dell'anno prima, derivano più che altro dai limiti tecnici a disposizione e dal tipo di cinepresa utilizzata, che ha di fatto costretto il giovane canadese a realizzare il film senza alcun dialogo. A descrivere le varie situazioni, gli avvenimenti su schermo e la trama del film c'è solo la voce fuori campo del protagonista (che inizia parlando normalmente di se in prima persona poi si fa più impersonale, riferendosi a se stesso in terza persona, come se narratore fuori campo e personaggio si fossero scissi) mentre gli unici suoni presenti, aggiunti in post-produzione, sono casuali e del tutto fuori contesto rispetto alle immagini e qui Cronenberg si è divertito a sfruttare le magagne tecniche per trovare soluzioni discordanti, non lineari e stranianti nell'utilizzo del sonoro.
In "Crimes of the Future" (che a quanto pare possiamo cominciare a chiamare "Crimes of the Future 1.0") c'è già moltissimo di ciò che Cronenberg svilupperà nei più compiuti film successivi.
Innanzitutto c'è il genere di partenza: la fantascienza. Un futuro distopico segnato dall'estinzione dell'intera popolazione umana femminile in età post-puberale e dunque, un panorama post-apocalittico o più probabilmente di un'apocalisse ancora in corso. Qui non c'è ancora quella fantascienza ripresa dai tipici film "di genere" del passato e riletta in modo personalissimo, qui si trova una diversa impostazione, quella di una più cerebrale sperimentazione d'autore, ma la fantascienza rimane, immediatamente mescolata con l'horror fin dal successivo "Shivers", il genere di riferimento di Cronenberg.
Collegato al genere di appartenenza, troviamo la figura di uno o più uomini di scienza la cui sete di scoperte e conoscenza, oppure una forte vena di follia, o più comunemente entrambe le cose, li porta a scoprire/creare qualcosa di totalmente nuovo, nuove forme organiche, carnali, invadenti e letali o nuove mutazioni del corpo umano. Una più moderna rilettura della figura classica dello "scienziato pazzo", con implicazioni più profonde e complesse. Dunque troviamo il morbo, la malattia, la mutazione, il male che viene da dentro il corpo umano, ossessione centralizzante di tutta l'opera del canadese.
Il sesso. Sesso nel senso di riproduzione, di carnalità, di sensualità, erotismo e di morbosità, attrazione e repulsione. Sesso come liberazione degli impulsi più primordiali e profondi, motore, impulso e conseguenza in una volta sola delle mutazioni della carne. Nel caso specifico di questo film, atto sessuale frustrato e negato, atto riproduttivo frustrato e negato, soprattutto, simboleggiato appunto dalle mutazioni carnali cronenberghiane, nuovi organi che crescono all'interno del corpo umano e che vengono poi espulsi e rigenerati a ciclo continuo, in una grottesca parodia del parto (ma ci sono vari altri esempi di ricerca della soddisfazione erotica/sessuale con metodi alternativi, nel corso del film). Gli impulsi umani liberati, alla fine, arrivano fine alla pedofilia, unico atto che consenta l'atto sessuale col genere femminile in questo mondo apocalittico e in piena stasi.
Naturalmente la messa in scena qui è molto asettica e nemmeno si immagina gli eccessi visivi assurdi e grotteschi che arriveranno poi.
L'aria di pessimismo fatalista sul genere umano, i suoi impulsi e il suo destino è un altro topos che ritornerà spesso.
Lo stile è ermetico, secco e minimale, aspetti che rimarranno per certi versi nel suo cinema anche se spesso affiancati da esplosioni di virtuosismo del grottesco e del surreale.
Una certa visionarietà estetica nella costruzione di scenografie affascinanti, in questo caso gli asettici laboratori e soprattutto gli interni architettonici che ammiriamo in buona parte della seconda metà del film, dove le scenografie vengono valorizzate da un lavoro davvero buono di Cronenberg alla fotografia, con l'uso del buio e delle ombre così come dei colori (ricordo un blu dominante in certe inquadrature) e delle luci e più in generale dei giochi in chiaroscuro tra luci e ombre in quegli interni "fantascientifici" fascinosamente asettici. La scelta abile nel taglio delle inquadrature fa il resto. L'immagine è sempre chiara e nitida e per un film indipendente, canadese e con altri intoppi tecnici da affrontare, del 1970, fatto con due lire, non era cosa scontata.
Abbastanza inutile parlare di una trama e uno sviluppo appena abbozzati e delle interpretazioni degli attori, tutte cose non memorabili ma che di sicuro non rappresentano il punto di interesse del film.
"Crimes of the Future" dunque come banco di prova per le ossessioni di David Cronenberg, una visione che non penso ripeterò ma che dice già molto sulla successiva cinematografia di un grande regista.