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AU HASARD BALTHAZAR regia di Robert Bresson

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amterme63     8½ / 10  24/01/2008 22:41:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grande cinema di riflessione quello di Bresson. Au hasard Balthazar è un’opera semplice, scarna, che non concede niente allo spettacolo ma che in compenso è complessa e ricca di spunti di riflessione, a volte di non facile interpretazione. La mia impressione è che Bresson abbia voluto ritrarre da una parte un tipo di comportamento estremamente retto, onesto e “buono”, senza nascondere i paradossi e gli svantaggi di tale linea di condotta; dall’altra il fascino e l’efficacia di chi possiede doti “diaboliche” e negative come ad esempio la bellezza, l’egoismo, la cattiveria. Il tutto visto in maniera disillusa e fatalista, con un grande pessimismo di fondo: è il caso che governa il destino del creato, non c’è niente di saldo e sicuro a cui appigliarsi nella vita terrena. Forse alla fine è il “male” (più “bello”, più “forte”) a uscire vincitore.
Bresson cerca di rendere il film il più universale e “astratto” possibile. Si capisce fra le righe che ci troviamo in Francia (nei Pirenei?), negli anni 50, in una società chiusa e campagnola. Il protagonista è un asino, ma la sua storia si intreccia con alcuni personaggi umani esemplari. Il maestro del paese e sua moglie si comportano in maniera assolutamente retta e onesta e non derogano mai ai loro principi assoluti. Per questo fanno vita tutto sommato povera, grama e passano per degli orgogliosi e antipatici. Sono così ligi ai loro principi che non voglio usare le stesse armi di chi li attacca. Assistono quasi impassibili, senza reagire ai soprusi e soprattutto alla deriva morale della loro figlia Marie (non le danno mai un ceffone, non usano mai la “violenza” o la “forza”). Sono figure rappresentate in maniera nobile e degna, ma non si può fare a meno di sentire fra le righe una specie di “critica” nei loro confronti.
Dalla parte del “male” c’è soprattutto Gerard, il quale sa sfruttare al massimo la sua bellezza, la sua gioventù e il suo “imperio” sugli altri. Riesce a ottenere tutto quello che vuole e non si fa sfiorare minimamente dall’idea di cedere a sentimenti come pietà, altruismo e amore. Poi c’è l’avaro, un personaggio brutto e spregevole, ma che possiede i soldi e questi gli permettono di fare tutto.
Nel mezzo c’è il personaggio di Marie, la protagonista morale del film. Buona e mite, è animata però da pulsioni passionali tipo Madame Bovary. Cede con scarsa resistenza ai desideri di Gerard, perde tutta la sua innocenza e purezza e rimane invischiata nella spirale dell’”abrutimento” senza volersi ribellare. Avrebbe la possibilità di rifarsi la vita con Jacques, il suo amore dell’infanzia, un ragazzo amabile, perfetto, comprensivo, ma che ha il difetto di essere “convenzionale”. Invece Marie rifiuta consapevolmente la felicità sentimentale per il richiamo torbido e voluttuso dei sensi materiali, perdendo tutta la sua “dignità”.
Infine c’è chi la vita non se la può scegliere, ma che può solo subirla. Arnauld è un povero bonaccione e ingenuo; per questo tutti si approfittano (soprattutto Gerard) e lui non si accorge e non fa niente per reagire. E’ lui quello più simile al povero asino Balthazar. I primi piani sullo sguardo dell’asino ci fanno capire che ha più sentimenti e comprensione lui di tanti personaggi umani del film. Però la natura ha fatto in modo che gli altri decidano per lui e che non gli resti altro che subire e aspettare la morte. Con Balthazar Bresson ha forse voluto rappresentare il destino della maggior parte degli umani: vivere sballottati da eventi non controllabili in attesa della fine, sempre in balia del caso (“au hasard” significa “per caso”).
Oltre al solito stile nudo, essenziale, disadorno ma sempre suggestivo ed espressivo, Bresson utilizza in questo film la tecnica dell’ellisse narrativa. I fatti salienti non vengono mai rappresentati ma vengono suggeriti seguento il comportamento prima e dopo dei personaggi. L’attenzione dello spettatore si sposta così non sulla trama ma sulla reazione dei personaggi. Non è la storia che s’impone su chi guarda, provocando reazioni emotive, ma è lo spettatore che deve volontariamente entrare nel film per poterne godere intellettivamente. Per questo il cinema di Bresson va bene soprattutto a chi vuole conoscere e capire e non a chi vuole sentirsi “usato” emotivamente.
Invia una mail all'autore del commento wega  18/03/2009 13:05:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mamma mia ma quanto è bello anche questo film di Bresson. In effetti al contrario di Renoir dove i suoi protagonisti si scagliavano sulla società, nei film di Bresson invece il protagonista la cattiveria la subisce, cielo, ma proprio in tutti quanti. Cinema d' autore c'è poco da fa'. Eppoi, ma l' ultima sequenza dell' asino per terra..che cinema ragazzi.
amterme63  18/03/2009 13:58:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono film che non lasciano indifferenti. Se sei una persona sensibile non puoi fare a meno di sentirti coinvolto. Davvero, anche secondo me questo è il vero cinema. Ciao, Marco.
Invia una mail all'autore del commento wega  19/03/2009 20:53:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
..anche se "l' asino per terra" la potevo gettare meglio. Beh Bresson credo proprio sia il mio preferito, li sto recuperando tutti a 20€ l' uno e felicissimo di spenderli. Ciao.