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L'EMIGRANTE regia di Charles Chaplin

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amterme63     10 / 10  23/09/2008 23:54:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Alcuni mesi dopo La strada della paura esce quello che è forse il capolavoro del periodo dei cortometraggi a 2 bobine di Chaplin: The Immigrant (L’emigrante). Brevi episodi significativi e divertenti si susseguono a creare un quadro semplice e intenso di una situazione sociale di povertà e speranza, grazie al vissuto di due persone normalissime ma speciali allo stesso tempo.
La prima parte è ambientata in una nave di immigranti per gli Stati Uniti. Brevi inquadrature ci danno l’idea della gente derelitta a bordo. Oltre alla povertà materiale sono martoriati pure dal classico mal di mare. L’operatore di Chaplin, Totheroh, aveva inventato un trucco per far dondolare la cinepresa sul treppiede creando l’illusione del movimento ondulatorio della nave. La pantomima di Chaplin faceva poi il resto. Qui utilizza poi per la prima volta la tecnica dell’apparenza con sorpresa. Ripreso di spalle ai bordi della nave, dai gesti sembra anche lui in preda al mal di mare; invece si volta e mostra trionfante un pesce che ha pescato. Non si può che ridere di noi stessi che avevamo creduto a una situazione diversa. Seguono poi tanti brevi sguardi su questa gente, mentre mangia, mentre gioca, mentre ruba. Un mondo fatto di gente di tutti i generi, buona e cattiva, furba e stupida, dove il vagabondo se la cava a meraviglia con la sua fortuna e abilità. Quello che fa il vagabondo speciale è la tenerezza e la generosità nei confronti dei buoni, belli e indifesi (la bravissima Edna Purviance e sua madre).

Si giunge così alla famosissima scena dell’arrivo a New York, introdotta dalla didascalia: “The arrival in the land of liberty” (L’arrivo nel paese della libertà). Tutti si accalcano emozionati e contenti a vedere scorrere davanti ai propri occhi la Statua della Libertà (una lenta carrellata che ce la fa apparire all’improvviso fra la bruma e bassi capannoni). S’inquadra poi in primo piano le facce dei poveracci con le loro diverse espressioni (contentezza, emozione, ansia). Spicca però su ogni persona un cartellino, come quello che si attacca in genere al bestiame. In effetti le scene seguenti fanno da contrasto ironico con la didascalia ottimista. Si vede arrivare di corsa un omino maleducato che spintona la gente dietro una corda. Il vagabondo tasta la corda incredulo e arrabbiato e guarda la cinepresa con un’espressione come dire: è questa la libertà? Arriva un altro impiegato molto brusco, ma stavolta il vagabondo si toglie la soddisfazione di mollargli un calcio nel sedere (scena coraggiosa in un paese nazionalista come gli Stati Uniti).

Questa accoglienza rude è l’anticamera dell’ambiente ostile e inospitale che aspetta il vagabondo e la bella Edna. Come al solito affamato e al verde, si ritrova davanti al classico ristorante. Una moneta trovata per terra lo spinge a concedersi il “lusso” di un bel piatto di fagioli. Nel locale ritrova per caso la bella Edna, triste e delusa anche lei e per di più in lutto per la perdita della madre. E’ tutto uno scambiarsi sorrisetti e sguardi teneri fra i due, con la Purviance bravissima nelle sue espressioni semplici e molto intense. Sicuramente la sua migliore interpretazione.
L’idillio viene interrotto dall’ambiente che li circonda. Un cliente non ha i soldi per pagare e viene letteralmente pestato da tutto il personale del ristorante, con in testa uno sgarbato e truce Eric Campbell (anche per lui la migliore interpretazione di sempre, anche perché dopo pochi mesi morirà purtroppo in un incidente stradale). Viene spontaneo al vagabondo controllare la propria moneta, per scoprire con orrore che aveva la tasca bucata!
Far ridere adesso è facilissimo. La comicità si basa soprattutto su di un vero e proprio balletto psicologico fra sollievo e preoccupazione, che coinvolge anche lo spettatore. Riesce con abilità a prendere una monetina per terra, ma ahimè è falsa. Poi un pittore si offre di pagare, ma la troppa educazione nel rifiutare rovina tutto. Alla fine si arrangia con la mancia del pittore, ed è un sospiro di sollievo!

L’arte, nella figura del pittore Henry Bergman, viene in soccorso del vagabondo come alla fine di Tempi moderni. E’ l’inizio della speranza. Ma quello che più solleva il vagabondo è l’avere accanto a sé una persona cara, qualcuno con cui affrontare meglio le durezze della vita. Nello splendido finale vediamo la scena romantica e anti-romantica allo stesso tempo, di due persone che si scambiano tenerezze sotto una pioggia battente. E’ l’arte di Chaplin di saper mescolare sentimento e realtà. Tutto questo in soli 30 minuti filmati.