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IL CODICE DA VINCI regia di Ron Howard

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5 / 10  17/07/2006 14:46:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se un romanzo intrigante ma magari non eccelso scatena un'orda di interessi teoretici, filosofici, culturali e storico-religiosi, è un buon segno, Purtroppo è anche il segnale che in un'epoca priva di vere certezze si è oltrepassato ogni confine di decenza e ignoranza.
A dire il vero, parlo da profano, in quanto (per ora) mi sono sempre rifiutato di avventurarmi nelle pagine di Dan Brown, preferendo di gran lunga l'operazione cinematografica, e un film che comunque andava visto ad ogni costo.
Ma non riesco a nascondere neanche stavolta un senso di estraneità a tutta la vicenda anche perchè non capisco a quale tipologia di pubblico si rivolga questo film.
Se la vita stessa è politica, deduco che il nostro rapporto con la fede sia l'interiorità del nostro corpo, inteso come anima e carne. Ma non si straccino le vesti i prelati e cardinali vari, visto che l'opera finisce presto in un vicolo cieco, svilendo parte dell'affascinante script fino a sfiorare il grottesco, e guardacaso per omologarsi al "nobile" pensiero di coloro che hanno invero condannato il film alla sua uscita.
La natura prevedibilmente romanzesca del film priva l'onesto Howard della propria spontaneità.
"Il codice" di Ron Howard potrebbe essere un buon film, se non avesse avuto la pretesa di fagocitare tutta la teoria del romanzo fino a rendere risibile la stessa opera. Per inciso, i 20 minuti finali costituiscono il punto piu' basso dell'intera vicenda: raggelate emozioni con qualche vago interesse nella prima parte alla fine lasciano solo noia e uns pesantezza didascalica degna di un'altro film affascinante solo sulla carta, "La nona porta" di Polansky.
Anche stavolta l'abitudine di Howard di spodestare la polemica lascia il segno ma manco a dirlo in negativo: sul Cristo "umano" e come tale rispettabile, siamo tutti d'accordo, ma si puo' vivere solo di teorie?
Eppure, sembra(va) stimolante e curioso il tutto: l'omicidio al Louvre e i codici minuziosamente anagrammati che cercano di far luce sulla vicenda...
Intendiamoci, Howard dirige il tutto con mestiere, la fotografia è di gran spessore (splendida Parigi notturna), ma non esita a compensare il tutto con una serie di stereotipi gotici francamente inutili. "Divorato" dal suo Male(ssere) oscuro, il film è tutt'altro che blasfemo, semmai tra tenebre e mistero c'è il sollievo di non veder svolazzare qualche pipistrello (ci mancava solo quello). Il cast è del tutto inadatto allo script: Hanks ha l'espressività di un merluzzo surgelato, e la Tatou ex Amelie è davvero insopportabile, così pulita e altezzosa che vorresti sempre sporcarla un po'. I "cattivi" sono talmente convenzionali e deliranti che non vengono mai presi sul serio.
E' un film senza stile, tra inseguimenti in macchina e Ray-ban in piena notte degni di 007, giusto un paio di scene raccapriccianti à la Dario Argento e un paio di rimandi a certi successi francesi degli ultimi anni
Gli attori principali prendono il tutto dannatamente sul serio come se stessero recitando nella Divina Commedia di Dante.
Al di là del risultato cio' che intriga maggiormente nello spettatore è la possibilità di mutare la realtà storica, attraverso la rivelazione sorprendente l'Umanità di Cristo (non del figlio di Dio).
Ma non mi sento di essere troppo severo: giudicato per com'è, questo film sarebbe un passatempo passabile senza il clamore che ha generato.
Quanto a Dan Brown, a quanto ne so un certo Valerio Evangelisti, italiano, scrive le stesse cose, e lo fa molto meglio, ma non per questo si è comprato la villa e i diritti d'autore.
Se poi il protagonista ricorda tanto l'esimio Ben Mckenna de "l'uomo che sapeva troppo", non è un punto a favore, ma il segno della confusione ideologica di Howard, e del suo disagio davanti all'esperienza del film "su commissione"
spoonji  18/07/2006 12:17:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Applausi.
frine  19/07/2006 00:14:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie per avere ricordato Valerio Evangelisti: sei un patriota!
Però ho l'impressione che dietro Dan Brown ci siano 'poteri forti' che lo hanno difeso dagli attacchi della Chiesa, cosa che non può dirsi per Evangelisti.
Valerio ha pestato intenzionalmente molti piedi, fra cui quelli di Umberto Eco: e questo nel momento stesso in cui ha scelto come protagonista Eymerich, un inquisitore legato al carro di Bernardo Guy....vale a dire il 'cattivo' de "Il nome della rosa".
Eymerich è un personaggio stupendo, spietato bruciatore di eretici ma al tempo stesso uomo riflessivo, concreto, e soprattutto dotato di un istintivo e profondo senso di giustizia. Purtroppo il personaggio è politicamente scorrettissimo, e non mi stupisce che dai romanzi di Evangelisti non sia stato ancora ricavato nessun film.
Ho immaginato più volte un film ispirato, ad esempio, al "Castello di Eymerich" (ne potrebbe uscire un'ottima trasposizione cinematografica). Penso che Tommy Lee Jones sarebbe potuto essere un Eymerich credibile. Ma quale casa di produzione vorrà rischiare su un eroe/anti-eroe come lui?


Invia una mail all'autore del commento kowalsky  19/07/2006 12:17:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Me lo ricordo fra l'altro come ottimo giornalista musicale di heavy-metal. Non è il mio genere di lettura, ma tanto di cappello... La mia voleva essere un'opinione su un genere letterario che ha ispirato un'ottimo autore italiano, ai piu' sconosciuto. Non dico che in Italia manchi il coraggio, anzi probabilmente il cinema italiano attuale non gode affatto di cattiva salute, ma come dici tu c'è molta attenzione a non calpestare i poteri forti