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LA VITA SEGRETA DELLE PAROLE regia di Isabel Coixet

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  19/03/2006 23:52:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da molto tempo volevo parlare di questo film. Sono frammenti ordinati e oscuri, che raccolgo dalle impressioni della visione di mesi fa, nella sezione Orizzonti alla piu' recente mostra del cinema di Venezia. Un film che i puristi esegeti della critica bolleranno con sufficienza perchè è troppo comodo la conciliazione di due mondi opposti due entità separate ma distinte da un'unica infallibile traccia: il dolore. Invece la Coixet non ha bisogno delle arie di un melodramma per imbastire l'emozione, che pervade la storia, che si esprime anche davanti a parole interrotte, a sguardi, a gesti di complicità o d'indifferenza. Non è "mare dentro" che pretende di catturare il dolore enfatizzando il "privilegio" di chi il dolore lo conosce e lo racconta agli spettatori. Hanna vive questa dimensione individuale davanti a cui c'è una donna che pudicamente sceglie di non esibire la sua rabbia. Non ha odio nè rancori pochi rimorsi ma è come un'automa in cerca del "senso segreto delle azioni". Perchè? Cerca di chiedersi "perchè" dimostrando tutta la nostra innaturale ingenuità quando siamo testimoni o vittime di azioni barbare compiute da altri in nome della cosiddetta abominevole "pulizia etnica". L'incontro con Josef sancisce questo binomio, questo drammatico distacco dal resto del mondo. L'uomo è ferito dilaniato, lotta tra la vita e la morte, ha un'abitudine molto diffusa di suggerire il peggio degli allettati davanti alla prospettiva della resistenza alla vita o alla facile imbellione della morte: è aspro, rozzo, decisamente misogino, e si compiace delle grazie dell'infermiera, che non vede ma "sente", ama il contatto con l'ultimo corpo che potrebbe ancora soddisfarlo. La rivelazione è legittima, improvvisamente le due entità diventano una cosa sola. Entrambe sanciscono nella pelle e nell'anima la disperazione della loro carne corrosa, i lividi della pelle di Hanna le bruciature di Josef. Sono corpi destinati a incontrarsi forse non per amarsi tradizionalmente ma per ritrovare il senso della vita e portarne una traccia indissolubile con se'. Josef affronta la vita conscio di respirarla attraverso le ferite morali e fisiche di una persona forse morta "dentro". Nel linguaggio tradizionale l'umanità utilizza le risorse piu' impreviste per salvarsi, perchè è esattamente dal dramma che si consuma la vanità assurda della vita.
Considerazioni che fanno temere il peggio alla luce dell'epilogo, solo apparentemente conciliatorio e superficiale.
Ed è una gran bella intuizione la vita della piattaforma, con quegli uomini che forse si amano tra di loro, quel giocatore di basket che riesce sempre a fare canestro in uno spazio angusto e limitato, quel cuoco che prepara - paradossalmente - gustosi piatti etnici nell'utopia di un mondo di rispetto e tradizione (anche nell'arte culinaria certo), osteggiato da coloro che invero "ne incentivano le diversità ehm culturali".
La Coixet mi ricorda quel suo esordio di due anni fa, "la mia vita senza me", un piccolo cult che si segnalava per la squisita dignità con cui affrontava il tema della malattia, e della separazione. con un contesto ben diverso dal melodramma furbetto à la "voglia di tenerezza", per intenderci.
Non è certo un cinema rivoluzionario o innovativo, ma è comunque un tipo di cinema che ha l'onestà di affrontare i temi correnti con un'impatto inedito profondamente delicato, e soprattutto senza gratuitismi.
Su tutti, svetta l'indimenticabile prova di Tim robbins, la sua metamorfosi graduale, il senso di condanna che vive, da uomo e da inviduo, davanti all'esperienza quasi Bergmaniana raccontata da Hanna.
Sono così belle le sue lacrime, perchè esprimono profondamente la nostra imperfetta incompiutezza, il nostro disagio davanti a cio' che non osiamo farci raccontare. Nel mondo in cui viviamo, sappiamo che tira di piu' il dramma collettivo, che la singola testimonianza. La distruzione di massa ci consente un distacco cinico che davanti alle parole di una sola vittima è l'imprevisto: per questo ci sconcerta.
Per questo la vita segreta delle parole ha bisogno di raggiungere la voce anche di chi non ascolta