caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

IL GUSTO DEGLI ALTRI regia di Agnès Jaoui

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     7 / 10  28/02/2018 09:48:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come è difficile mettersi nei panni degli altri, diversi come si è per classe sociale, educazione e cultura, e come se non bastasse resi sovente misantropi dalle durezze della vita. E' quello che sperimentano i tanti personaggi de "Il gusto degli altri" (un imprenditore ricco ma incolto e sua moglie, le sue due guardie del corpo, un'attrice depressa, una barista dalla vita sessuale disinvolta, ed altri ancora), i quali formano un microcosmo narrativamente autosufficiente, in cui tutti gli spettatori, se vogliono, possono rispecchiarsi. Il merito della Jaoui (la sceneggiatrice più che la regista) è quello di aver percorso le stesse strade di "Grand Canyon" senza però cadere nei suoi errori, dando un valore simbolico a determinate sequenze con apprezzabile understatement, quasi senza volerlo (si consideri la notizia ascoltata distrattamente alla radio dell'arresto del ministro da parte del commissario Tartaruga) e conferendo spessore anche ai personaggi secondari (è l'amica costumista che pronuncia la battuta più esemplare del film, quella che se ci sforzassimo di vedere gli altri al di là della loro apparenza superficiale, scopriremmo che le persone sono molto più accessibili e migliori di come possa sembrare a prima vista).
La Jaoui organizza una complessa ronde senza dar nulla per scontato (nessun rapporto umano è mai scontato), e fino all'ultimo, quando si tirano i fili della storia, i vari personaggi hanno la possibilità di scegliere una alternativa esistenziale piuttosto che un'altra. E alla fine il personaggio più umano e positivo è proprio il ricco Castella (da quando non si vedeva al cinema, Hollywood esclusa, un appartenente alle classi agiate ritratto con tale simpatia!), il quale ha il coraggio di superare steccati sociali ed ostacoli culturali apparentemente insormontabili, sfidando persino il ridicolo e l'umiliazione, per seguire testardamente il proposito assurdo di entrare in contatto con la schiva e altera Clara, che il caso ha messo sulla sua strada. Coraggio che invece non trovano, ritirandosi all'ultimo momento, la guardia del corpo più anziana e la barista di cui si è innamorato, incapaci entrambi di rinunciare alla propria orgogliosa indipendenza per affrontare il difficile cammino della vita insieme.
Gioie e dolori si mescolano così in un finale agrodolce, aperto come può esserlo la vita, che si sforza però di dare un messaggio morale molto chiaro ed univoco, riassunto visivamente nell'allegra immagine dell'orchestrina che suona una canzone di Edith Piaf: ognuno di noi è uno strumento diverso, magari stonato come il flauto della guardia del corpo più giovane, ma, fuso in quella grande orchestra che è l'umanità che ci circonda, può dare il suo piccolo contributo, che è unico e insostituibile. Basta imparare a rispettare e ad apprezzare, come ci invita a fare la Jaoui, il gusto degli altri.