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CHALLENGERS regia di Luca Guadagnino

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Thorondir     7 / 10  27/04/2024 23:56:01 » Rispondi
Da appassionato di tennis che ha visto migliaia di partite posso dire che è il vero sport del diavolo: sport di testa se ne esiste uno. Con "Challengers" Guadagnino filma innanzitutto i "mind games" (più volte citati) tra i tre protagonisti: è un intreccio inestricabile, una relazione continua, proprio come in quel tennis che finisce per creare una relazione tra i due avversari anche se separati dalla rete e pronti a sfidarsi fino all'ultimo colpo. Anche se nato come film su commissione si percepisce tutta la cura che Guadagnino ha dedicato al film: questo è totalmente un suo film, ed è riconoscibilissimo come tale. Nel triangolo amoroso/mentale/sportivo che dura più di un decennio, Guadagnino esplica e allo stesso tempo nasconde, dice e non dice, fa intendere e mescola carte ricreando a livello di attrazione fisico/mentale il gioco che si crea sul campo: ne viene fuori una sorta di lunga partita a scacchi scandita dalla musica di Ross e Reznor, tanto potente quanto a volte - come nel finale - abusata a coprire i momenti in cui lo screentime si dilata oltre il dovuto (in questo senso azzeccata la critica di Paul Schrader sul suo profilo facebook).

In questo gioco di ragazzini che vorrebbero diventare adulti e di adulti che sono ancora ragazzini Guadagnino muove di nuovo - e di nuovo sottilmente - una critica al mondo della ricchezza che arriva con poco, mettendone a nudo alcune ipocrisie comportamentali ma anche rifiutando (colpevolmente) di muovere una critica organica ad un certo modo di vita dietro il tennis che pur esiste: il nostro regista sceglie di rimanere nell'ambito di un cinema prepotentemente pop (nel senso migliore del termine), catchy, postmoderno, un cinema di corpi nudi, eroticità, sensualità, superfici (fino a giocare con la stessa composizione del campo da tennis nel finale): insomma la superficie è la prima cosa che vediamo. Dietro di essa tante mosse di scacchi e forse chi crede di muovere i fili a proprio vantaggio è in realtà la vera marionetta che tutti muovono (e il finale, in tal senso, apre a diverse interpretazioni).

Un film pienamente nella mani di Guadagnino, dentro il suo stile, ormai quello di un cinesta che flirta con i modi, i nomi e gli stilemi del cinema hollywoodiano. Peccato per la gestione dello screentime un po' troppo diluita e per quel non affondare mai veramente il coltello dentro il mondo che decide di raccontare (avrà influito il fatto che sia una produzione Amazon)?