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LA ZONA D'INTERESSE regia di Jonathan Glazer

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9 / 10  29/02/2024 23:02:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No, non avrei mai immaginato che Glazer, cineasta intrigante ma irrisolto, potesse ambire a un simile risultato, a un vertice tanto perfetto tecnicamente, a scelte stilistiche così antitetiche al Cinema tradizionale e al tempo stesso così capaci di essere feroci con il paravento della Poesia quotidiana, della Natura incontaminata pure dalla stessa Morte. E riuscisse ad essere quasi alla pari con il romanzo dell'immenso Martin Amis (rip da poco) senza mai tradirne la veridicità letteraria. È un film grandissimo, pieno di Amore per il Cinema, dove per fortuna (ma a molti v commenti sotto sembra uno sforzo sovrumano) vengono tradite le aspettative visive degli spettatori comuni, che volevano coprirsi la faccia per tanti corpi nudi emaciati e urlare spontaneamente il proprio sdegno. Non è così, ma oltre i prati coltivati e le serre, è un "sentire" sordo, terrificante, fatto di fumi e urla, di treni di deportati, di limpide acque contaminate dalla Morte cfr. Una delle sequenze più eloquenti e devastanti. In un film che sembra uno strano incrocio tra "Il Nastro bianco" di Haneke e "Il dottor Stranamore" di Kubrick (v. I congressi dei Nazisti) la mostruosa "normalità" domestica di una coppia viene raccontata con un'alienazione quotidiana che mostra un Eden confinato nel Male monolitico di una lussuosa dimora/area confinante. Tra la Regina di Auschwitz (da brividi solo una simile definizione) e un nazista talmente dedito alla sua "Promozione" diciamo così Ideologica da abbandonare la famiglia e non vedere altro in se stesso. Mi sembra peraltro che Rudolf sia un personaggio raccontato con molta profondità fino all'epilogo, che lo costringe o forse no a fare i conti con la sua orrenda realtà. La bellezza del film è anche la capacità di filtrare in una nitida fotografia un casting (tutto tedesco fra l'altro, altra scelta prodigiosa) che quasi NON SI VEDE. Come se guardassimo da lontano a distanza le loro vite. Il Maelstrom fiabesco aderisce sia a frammenti espressionisti sia al cinema di Val Lewton, sia quando si racconta della bambina che nascondeva il cibo che quando si narra della torbida vicenda opps favola dei Grimm "Hansel e Gretel". Ognuno trovi la spiegazione più metaforica ma ciò che ha operato il regista è l'immensa espletazione filosofica di un Dramma invisibile a chi lo perpetra. Diviso in schermi oscuri quanto la devastante musica (Noise elettronico avanguardia minimalismo e altro ancora) "La zona d'interesse" concede di "aprirsi" nella seconda parte, quando vediamo la discesa eloquente dell'orgia del Potere. Fino a poco prima, si poteva provare rabbia davanti a questa Normalità dove un assassino di ebrei abbraccia e saluta il suo cavallo, che è forse l'unica immagine che risuona pretenziosa agli occhi di chi vede il delirio l'onnipotenza rispecchiarsi per sempre in lui. Con qualche ombra oscura (la madre?!) e una Huller perfetta nella sua domestica, terribile, ambiguità. Un film che va Oltre tutte le aspettative e le tradisce, freddo ma incisivo, cronologico e disciplinato che rimarrà nella storia del cinema. Senza troppe notti e nebbie. Quelle che "sentiamo" proprio quando "vediamo" un libro mentre lo leggiamo