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UNA MERAVIGLIOSA DOMENICA regia di Akira Kurosawa

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amterme63     6 / 10  30/01/2010 19:14:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E’ un film che appartiene come spirito e come significato quasi completamente al Giappone del primo dopoguerra. Dopo la sconfitta, c’era da ricostruire, da riprendere a vivere. Il Giappone era in ginocchio, economicamente ma soprattutto moralmente. Il vuoto ideale fu riempito da tutto quello che veniva dall’America e come succede spesso nelle nazioni che adottano giocoforza modelli esterni, si finisce per recepire quasi sempre gli aspetti più deleteri e deteriori.
Fu così che, in mezzo alla povertà generale e alla miseria, fiorì un ceto di nuovi ricchi grazie al mercato nero, allo sfruttamento del vizio, ai favoritismi e alla corruzione. La vita era difficile soprattutto per chi intendeva mantenere le regole dell’onesta e della solidarietà, come pure della pulizia morale. Una situazione simile a quella dell’Italia e della Germania.
Kurosawa cerca di esprimere questo malessere collettivo raccontando la giornata di svago e riposo di due giovani fidanzati. Il titolo è chiaramente ironico. E’ infatti una giornata triste e disastrosa. Vedersi sempre a lottare per sopravvivere (scarpe bucate, vestiti logori e vecchi), senza la minima prospettiva di cambiamento è deprimente, molto deprimente. Poi ogni iniziativa va sempre a finire male con una umiliazione e per giunta inizia a piovere.
La giovane Masaki tenta in qualche maniera di tenere su il morale, di fare buon viso a cattivo gioco; tenta di tenere accesa la fiammella della speranza. Il suo punto fermo sono i comportamenti retti e composti della tradizione etica giapponese.
Yuzo invece è un perdente nato, soprattutto perché non ha fiducia in se stesso, si scoraggia facilmente, si sente tentato dalle sirene della “corruzione” e dei propri istinti “bassi”. Il suo è un carattere molto scostante, soffre di alti e bassi quasi repentini. Più volte è sul punto di distruggere la fiducia di Masaki in lui, l’unica cosa che gli rimane. Alla fine vince la speranza, il sogno e la fiducia, gli unici motori ideali con i quali si riesce a combattere e a sopravvivere.
Come si vede i protagonisti del film sono delle persone normali, fin troppo normali, anzi scialbi e banali, pieni di difetti, volutamente perdenti. E’ chiaro l’intento di Kurosawa di colpire gli spettatori dell’epoca, facendoli immedesimare in mali molto comuni, con lo scopo di creare una corrente di solidarietà collettiva in difesa dei più deboli della società. A tal fine questo film annovera uno pochi casi cinematografici, prima del finale di 400 Colpi di Truffault, in cui un personaggio del film guarda direttamente la mdp e apostrofa gli spettatori: è l’appello di Masaki (in pratica di Kurosawa) a esseri solidali con i poveri e gli onesti, contro i nuovi pescecani e i profittatori.
Fin qui è la parte “nobile” del film, che comunque rimane tutta all’interno del tempo in cui è uscito. Purtroppo non riesce a sufficienza a colpire e a coinvolgere lo spettatore, come ad esempio faceva in pieno ad esempio Ladri di Biciclette. Il film è fin troppo concentrato sui due protagonisti (in pratica i soli attori), sui i loro conflitti interiori; LDB invece allarga lo sguardo al mondo circostante (il protagonista di LDB è la città di Roma), ci sono avvenimenti esterni (un banale furto) che appassionano e coinvolgono, i sentimenti sono più centellinati e concentrati.
Invece qui Kurosawa si prende il carico di andare in profondità a dei caratteri imperfetti, banali, imbranati, poco brillanti, ed è un’impresa molto difficile, perché è più facile rifiutare o criticare (verrebbe voglia di dar loro una scrollata di spalle, spesso c’è la voglia di farli perire nelle loro disgrazie da quanto sono indecisi e passivi) che immedesimarsi e compatire.
Lo stile cinematografico non aiuta ad appassionarsi. Nonostante la grande vivacità e fantasia tecnica di Kurosawa, l’impianto teatrale, il ritmo molto lento mettono a dura prova la pazienza dello spettatore. I grandi divi cinematografici avevano creato all’epoca una casa di produzione tutta per loro, con l’intento di lanciare il cinema divistico in Giappone. Per questo Kurosawa si trova senza i suoi attori preferiti. Sceglie attori in pratica di strada, solo che il suo tipo di cinema fatto soprattutto di conflitti interiori richiede attori capaci ed espressivi, il che non avviene in questo film.
A fronte dell’attuale Giappone ultramoderno, ultrascintillante, fa un certo effetto vedere Tokyo così dimessa, sgarruppata, messa proprio a mal partito. C’è da dire che i Giapponesi i loro sogni sono riusciti davvero a realizzarli (perlomeno dal punto di vista economico).