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IL MALE NON ESISTE (2023) regia di Ryusuke Hamaguchi

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Thorondir     8 / 10  13/12/2023 13:18:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo "As Bestas" di Rodrigo Sorogoyen e "Animali selvatici" di Cristian Mungiu, anche il giapponese Hamaguchi tenta la riflessione su un microcosmo rurale per analizzare la società e la natura umana in un senso più ampio e universale. Con lunghe inquadrature e carrelli in piano sequenza di diversi minuti, Hamaguchi ci immerge in questo Giappone montagnoso dove qualcuno vorrebbe tentare di rendere il campeggio qualcosa di lussuoso e per ricchi ("glamping"). La comunità locale si oppone e lo fa con buone ragioni (splendida l'assemblea cittadina con confronto diretto e faccia a faccia in contrasto con il meeting dell'azienda reso attraverso gli schermi dei vari device e della tecnologia della "spersonalizzazione"). In questo contesto le figure di Takumi e di sua figlia Hana sembrano essere l'esempio di un idillio da non infrangere e contaminare: ma naturalmente le cose sono più complesse e misteriose.

Dopo due film teatrali e sulla centralità della parola come "Il gioco del destino e della fantasia" e "Drive My Car", Hamaguchi qui gira un film completamente diverso: se è vero che il suo essere innanzitutto sceneggiatore emerge nelle due sequenze dialogiche più lunghe del film, per il resto è un'opera contemplativa, di stati e di stasi, di simbolismi che esplodono all'improvviso su un tappeto di sapientissima gestione di tempi, spazi, silenzi e suoni (splendida la colonna sonora). Le aspettative dello spettatore sono sempre costantemente sfidate e frustrate, il classico manicheismo del bene vs male ribaltato e messo in discussione, gli indizi disseminati hitchcockianamente qua e là come impronte nella foresta, il connubio immagini/suoni utilizzato per far parlare un ambiente che spesso dice più dei singoli personaggi. Perché in fondo è comodo e rassicurante pensare il mondo contadino lontano dalle città come placido, tenutosi lontano dal male che sembra emanare dalle megalopoli della contemporaneità (non a caso Tokyo): ma alla fine l'elemento centrale era, è e sempre restarà l'uomo con le sue tensioni irrisolte e irrisolvibili. Sempre e costantemente preda e cacciatore.

Un altro grande film di un regista ormai fuori dalla categoria del "promettente".