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GLI SPIRITI DELL'ISOLA regia di Martin McDonagh

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  15/03/2023 09:32:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sono grandi film, e questo è un grande, grandissimo film, che non possono assurgere allo status di Capolavoro perché si privano delle ragioni delle scelte che ruotano attorno ai suoi personaggi. Anzi, forse sono proprio i personaggi il vero problema. Cerco di capire, perché rare volte un cinema di introspezione è riuscito a penetrare così abilmente - e con un velo di latente, inquietante ironia, nelle spire dell'Uomo, raccontando come le sue ombre possano scaturire attraverso la vendetta e l'automutilazione da ragioni futili. Supportato da dialoghi che rasentano il nonsense cfr. In questo senso sfruttare il nome del "nativo" Beckett può essere credibile, "Gli spiriti dell'isola" comincia a raccontarci o persuaderci di una felicità (?) coltivata negli stessi stilemi, nei cliché quotidiani di un'isola noiosa e artefatta/protetta perfino dalla Guerra di un'umanità che deve esprimere con le armi il proprio conflitto. Una "felicità" latente, ripeto, fatta di bicchierate in osteria, di pastorizia, di funzioni religiose, di canzoni popolari tramandate nei decenni, una "felicità" dove il valore di un'amicizia è quasi imposto per non morire di sonno. In questo senso la guerra privata del protagonista appare illogica quanto più il suo personaggio non ha alcuna credibilità profonda da poter esaudire le sue richieste di attenzioni. Resta un ottuso isolano che ignora i pericoli ma anche le attrattive del mondo, a dispetto dell'amico/nemico che nel Suo Mondo compone musica, si diletta di arte, prova a non essere testimone passivo del suo tempo e del suo habitat. In questo contesto, il film chiude il suo cerchio, nel mefitico epilogo, che assomiglia a una Metafora sull'esistenza che qualcuno vicino cfr. La sorella ha già provveduto a modificare a suo favore. Sullo sfondo di una bellezza naturale senza confronti, ma per molti aspetti statica e mai strategica nelle sue scarse risorse, il conformismo imperante, per non dire l'abitudine, accetta come inevitabili anche forme morbose ed esecrabili di rapporti familiari (padri e figli) senza scomporsi. Il "fuori" per quanto corroso da una battaglia distinta stolta ma in qualche modo comprensibile, è il Mondo che, nella sua imperfezione, coltiva - per assurdo - un margine anche imperfetto di Vita