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BONES AND ALL regia di Luca Guadagnino

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Thorondir     7½ / 10  23/04/2023 00:09:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
I film di Guadagnino sono sempre più complessi e stratificati. Questo "Bones and All" è solo apparentemente un road movie su due cannibali: non è allo stesso tempo un road movie, un film horror sulla diversità, un coming of age, un film politico sulle radici del trumpismo (non a caso gli anni '80), una storia d'amore? È tutte queste cose insieme e questa molteplicità sembra riflettersi nelle scelte di una regia che rifiuta un modus operandi lineare: si segue l'itinerario degli Usa, si utilizza un campo-controcampo a volte frenetico, si opta per cesure di montaggio anche piuttosto brusche a troncare momenti poetici (come se si volesse anticipare il finale), si vedono finanche inquadrature secche susseguirsi a mo di fotografie (fondamentale, per stessa ammissione di Guadagnino, l'opera del fotografo William Egglestone per la scelta di cosa e come inquadrare in questo film). È insomma un film molto più "aperto" e "sperimentale" degli altri del regista, come se il suo primo lavoro negli Usa lo abbia portato a provare e tenere insieme più cose sul piano stilistico.

Il lato narrativo è invece più consono al cinema di Guadagnino e vi tornano i temi a lui cari (e all'amico sceneggiatore Kajganich): il corpo e il suo cambiamento, la sessualità e la scoperta di se stessi, le relazioni intra-famigliari e, velatamente ma neanche troppo, la politica. "Bones and All" è un film sulla necessità assoluta di conoscere se stessi (in verità necessità espressa in particolare da Marlen). E, sembra dirci Guadagnino, per trovare e disvelare le proprie radici è necessario muoversi nell'ambiente in cui si vive, conoscerlo, perfino odorarlo (e non solo gli esseri umani, sono anche i posti mostrati che sembrano puzzare): ci si muove costantemente nel diroccato midwest statunitense, un paese che i protagonisti non conoscono e che è lontanissimo dalle immagini scintillanti degli anni '80 del reaganismo propagandistico. Una ricerca profonda del sé che sembra quasi diventare la ricerca della radici di quegli Usa cannibali di loro stessi, violenti, sporchi e che negli '80 votano Reagan ma già vedono Trump all'orizzonte (non a caso si vede Giuliani giovane in tv, futuro avvocato di Trump). E non è forse vero che a venir fatte fuori sono figure su cui si scagliava una certa destra identitaria (la donna anziana che pesa sul welfare, il pazzo stalker, l'omosessuale)? In questo susseguirsi di personaggi e situazioni c'è tanta politica, dissimulata, occultata, ma sempre presente. Ed è nell'avvicendarsi di situazioni tipiche del road movie che c'è il problema più grande di "Bones and All", che poi è un problema principalmente di sceneggiatura: i personaggi che appaiono lo fanno senza apportare profondità alla vicenda ma vengono più utilizzati come svolte narrative dure e pure che non sempre si inseriscono armonicamente nel contesto. Anche nel rapporto dialogico tra i due protagonisti si vive in bilico su di una scrittura non all'altezza delle immagini, oltre ad essere evidente che Lee è un personaggio fatto e compiuto (conosce la sua condizione, ha accettato perfino di aver mangiato suo padre) mentre Marlen è incompiuta, cerca notizie della madre, tenta di frapporre resistenze quasi moralistiche all'accettazione della sua condizione. Di certo però, questo di Gudagnino è non solo un film interessante, ma anche un ulteriore passo evolutivo in una carriera che continua a esplorare tramite i generi e a mescolarli. La riconferma di un regista ormai maturo, padrone del suo cinema, in grado di stratificarlo e impregnare le immagini di significanti.