Jellybelly 5 / 10 28/12/2022 17:45:46 » Rispondi A questo punto è evidente che io e Guadagnino proprio non ci becchiamo.
Allora, iniziamo col dire che questo film, come al solito, è tecnicamente perfetto. Guadagnino è un grande regista che sa assolutamente come manovrare la macchina da presa, cosa per niente scontata, ed è uno che fa il suo mestiere con passione - cosa assolutamente da rispettare.
Ciò detto, è anche tremendamente pretenzioso, e non sempre la sua tecnica è al servizio della storia. Per dire, si passa da scene pazzesche come
quella in cui la protagonista che si mangia il dito dell'amica
, perfetta per costruzione della tensione e impatto, a una serie di scene, una dopo l'altra, che sembrano solo ripetitive e slegate da una reale crescita dei personaggi.
Mi spiego meglio: in sostanza Bones and all dovrebbe essere un film di formazione on the road con protagonista una coppia di adolescenti ribelli e rifiutati dalla società. Si tratta di un tipo di storia piuttosto classica, raccontata mille volte, di cui forse l'esempio migliore è La rabbia giovane di Malick (a cui Bones adn all sembra ispirarsi parecchio).
Nel film di Malick, ma anche in tutti gli altri road movie, i due protagonisti evolvono durante il viaggio, sia come coppia che come individui, e questo li porta o a una frattura o a unirsi ancora di più, rinsaldando l'idea che sono loro due contro il mondo intero, fino a che il sogno si spezza e deflagra il dramma. E' un espediente facile, in cui gli sceneggiatori sguazzano, perché ti permette di caratterizzare bene i protagonisti e far empatizzare il pubblico con loro anche se in condizioni normali non lo farebbero (i protagonisti de La rabbia giovane sono due delinquentelli, ma tutto il pubblico è dalla loro parte. Con Natural Born Killer - che non amo particolarmente - la cosa è ancora più marcata).
In Bones and all, al contrario, i personaggi non hanno la minima evoluzione, nonostante abbiano una peculiarità, ossia
che si sarebbe prestata a mille approfondimenti. E invece niente, ogni tanto la protagonista dice che dovrebbero smetterla (ma senza convinzione) e poi morta lì. E così una scena dopo l'altra il film inizia ad annoiare, le scene più crude non stupiscono più come la prima, e l'empatia verso i due protagonisti crolla a picco, prossima allo zero. E questo è grave, perché quando arriva la fine a te spettatore non frega assolutamente niente delle loro sorti; non resti ore a ripensarci come accade con La rabbia giovane o Thelma e Louise o simili. Semplicemente, finisce il film, te ne feghi e passi oltre. Peccato perché, come dicevo prima, di spunti di riflessione ce n'erano a frotte, grazie allo spunto interessantissimo del
: sarebbe potuta essere una riflessione sul diverso, sull'emarginazione delle classi sociali più svantaggiate, sul rapporto di coppia e su come l'appartenenza alla stessa categoria di emarginazione influisca sul rapporto, sul desiderio di riscatto, sulla dipendenza (magari facendone una sorta di The addiction in versione
Insomma, infinite possibilità narrative, sciupate con un film tecnicamente perfetto ma piatto e senz'anima.
Colpa senza dubbio della sceneggiatura (punto dolente di tutta la filmogafia di Guadagnino: Kajganich non è mai stato un fenomeno e pure James Ivory diciamo che è stato premiato più alla carriera che per altro, per Chiamami col tuo nome), ma anche dello scarso carisma dei due protagonisti, bravi ma non memorabili: Chalamet purtroppo ha sempre la stessa espressione da cane bastonato, e anche la quasi esordiente Taylor Russell non lascia granché il segno. La cosa è ancora più evidente quando ci sono in scena gli altri attori: bastano pochi minuti di Mark Rylance, Michael Stuhlbarg o Chloe Sevigny per rubare la scena a tutti.
Poi ovviamente c'è il grande male che affligge il cinema contemporaneo: la lunghezza. Una storia così la racconti serenamente in un'ora e mezza, e ne avrebbe giovato tantissimo: ma ormai se non fai un film di almeno 2 ore sembra tu non riesca a distinguerti da una puntata di una serie TV, e così si dilatano i tempi all'inverosimile anche quando non hai niente da dire. E allora i difetti di caratterizzazione saltano ancora di più all'occhio, perché porca miseria hai avuto 2 ore e un quarto per caratterizzami i tuoi protagonisti, se non ci riesci per me il film ha un grave limite.
In sintesi, più ombre che luci, per quanto mi riguarda; per il futuro sarei curiosissimo di vedere Guadagnino lavorare con uno sceneggiatore decente, ma finché non accadrà ce lo teniamo così, coi suoi pregi e i suoi difetti.