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IL MARCHESE DEL GRILLO regia di Mario Monicelli

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dobel     9 / 10  15/02/2010 20:48:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che bella la Roma di Monicelli!! L'indolenza di una civiltà che ne ha viste così tante da essere annoiata di se stessa... Film indimenticabile con un protagonista eccezionale, vicende divertentissime e allo stesso tempo velate da quel filo di malinconia che si accompagna sempre alle gesta di bimbi troppo cresciuti. Personaggi straordinari: il Pio VII di Stoppa è meraviglioso con momenti esilaranti e momenti di grande solennità dietro ai quali si sente tutto il peso della tradizione; Don Bastiano di Flavio Bucci regge una scena epica (quella della ghigliottina) tenendo uno dei più bei discorsi d'addio di sempre; poi una serie di personaggi minori sia a corte che per i borghi romani uno più azzeccato dell'altro. Infine un Alberto Sordi che incarna la romanità come nessun altro prima e dopo di lui ha saputo fare.
Monicelli orchestra il tutto in modo magistrale: che non sia stato in fondo anche lui della stessa razza dei De Sica, Visconti, Fellini...? Più penso a Monicelli e più mi vengono in mente titoli immensi come 'La grande guerra', 'I soliti ignoti', 'Amici miei', 'Guardie e ladri', 'Un borghese piccolo piccolo', 'L'armata Brancaleone'... 'Il marchese del Grillo' forse non ha questa consistenza, ma rimane una pellicola indimenticabile che non ci si stanca mai di rivedere, che ci commuove e diverte in modo impressionante. Credo che questo film possa dare un'idea esatta di un certo tipo di italianità a chi dall'estero volesse saperne un po' di più di noialtri. In fondo tutto il cinema di questo grande regista ha accompagnato il nostro paese in ogni singola tappa dal primo dopoguerra ad oggi. Il ritratto che fa della nostra gente e della nostra nazione è fra i più esatti mai realizzati: Monicelli racconta delle storie senza mai prendersi troppo sul serio, ci mette di fronte a verità incontestabili senza mai pontificare; allo stesso modo ci consente di rileggere il nostro passato senza considerarlo troppo mitico, ma sbattendoci in faccia che la storia la fà la piccola gente, quella di cui i libri non parlano. Lungi dal voler darci opere realistiche, bensì poetiche e scanzonate, crea una verità più forte di quella che conosciamo, in quanto parte di un mondo che immaginiamo essere proprio così come lui lo canta.
Roma! Nemmeno Fellini l'ha ritratta in modo così giusto, forse più sognante, ma non così affettuoso. Ecco: quando un autore centra il bersaglio si ha come la sensazione che abbia compiuto un atto d'amore; si sente l'affetto verso i personaggi e i luoghi che ha rappresentato. In Monicelli questo affetto traspare spesso; in questo senso lo trovo molto manzoniano: il suo sguardo ironico, disincantato, a volte cattivello, sempre comunque arguto e condiscendente, segue, guida, incoraggia, punisce, sostiene le proprie creature. Anche lui, discendente della grande tradizione letteraria italiana, ama i propri personaggi (anche quelli negativi) trovando comunque in ognuno una funzione all'interno di quel grande disegno che trascende tutto. Non voglio ravvisare alcuna traccia religiosa o pseudo religiosa, intendiamoci (ché questa è una differenza sostanziale fra lui e il Sor Lisander)! Ma credo di ravvisare nel suo cinema quel tanto di quella partecipazione umana che ce lo rende così amico.
LoSpaccone  15/02/2010 21:05:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tempo fa appresi, da una puntata de "La valigia dei sogni", che in questo film c'è meno Roma di quel che si pensi. Molte scene furono girate in diverse zone intorno Roma, e pure gli interni del palazzo del marchese in realtà sono quelli di Palazzo Pfanner a Lucca.
dobel  16/02/2010 00:18:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sicuramente hai ragione. Nel mio commento, infatti, intendo riferirmi a Roma in quanto zona dell'anima, della mente e in quanto 'romanità' (e per estensione italianità, sebbene l'Italia sia talmente diversificata da non poter essere ridotta ad una generica 'romanità'). Il fatto che la cinepresa spesso non riprenda il luogo fisico di Roma, a mio avviso, non toglie nulla al legame profondissimo della pellicola con la città che in fondo vuole descrivere e cantare. E' chiaro che non siamo di fronte ad un documentario, bensì ad un lavoro che attinge ad una lirica fantasia.
Non c'è Venezia più veneziana di quella del 'Casanova di Fellini', benché il film sia stato girato a Cinecittà, così come non riesco ad immaginare una Rimini più vera di quella di 'Amarcord' (girato anch'esso a Cinecittà), e così via... Penso che la reale rappresentazione fisica dei luoghi sia secondaria e vada messa in secondo piano rispetto ad una rappresentazione mentale ed emotiva che spesso diviene più reale (in quanto coglie l'intima essenza) della mera realtà.
Comunque grazie per il tuo appunto: non ero assolutamente a conoscenza di quanto hai detto e lo trovo tanto più interessante rispetto al lavoro che quindi ha dovuto svolgere Monicelli.
LoSpaccone  16/02/2010 08:52:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Infatti in quella stessa puntata venne usato questo aspetto come pretesto per spiegare cosa ci sia veramente dietro la lavorazione di un film. Il cinema è anche questo, una specie di "manipolazione" sapiente della realtà e Monicelli in questo caso è stato bravo anche per questo. Il mio non era un appunto per smentire le tue parole, anzi.