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THE NOVICE regia di Lauren Hadaway

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stratoZ     7 / 10  29/11/2023 13:10:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Niente male questa opera d'esordio della Hadaway, un forte psicodramma sul perfezionismo in ambito sportivo, dalle tinte fredde e grigiastre e una protagonista a mio parere in stato di grazia.

The Novice narra la storia di Alex, qui chiamata quasi sempre per cognome "Dall", una vogatrice appena entrata nella squadra dei novizi di canottaggio e della sua ossessione per il raggiungimento del successo e per la scalata dei ranghi.
Una delle tematiche chiave che presenta il film è quella del contrasto tra il talento naturale e il duro lavoro per il raggiungimento di un traguardo, esplicitato pure palesemente in alcuni dialoghi e che la protagonista soffre particolarmente a causa del suo fisico relativamente esile per lo sport che pratica. Contrasto che avviene anche nel passato della protagonista, per quanto narrato da lei, nelle materie scolastiche, ma la domanda cardine diventa: quando questo impegno diventa eccessivo? Quando si passa il limite e l'impegno diventa ossessione? Quando si raggiunge uno stato addirittura patologico, che ti fa stare male psicofisicamente se l'obiettivo non viene raggiunto?
Il percorso della protagonista porta a questo, quella voglia di migliorare così velocemente, improduttiva e impossibile anche a detta dei coach, che la dilanierà interiormente e porterà anche alla distruzione dei rapporti interpersonali, che siano quelli con gli stessi compagni di squadra, che siano quelli con le compagne di stanza, che siano quelli con la partner, un'ossessione che divora tutto inarrestabilmente.

Uno dei punti di forza del film è la costruzione del contesto attorno a questo atteggiamento della protagonista, mostrando come l'ambiente sia già di per sé tossico e ultracompetitivo, carico di aspettative e pressioni che partono dall'alto ma si riversano principalmente sulle ultime leve. "Novice in the back" gridano i veterani, che si parli del pullman o delle attrezzature in palestra, e si può vedere lì l'espressione delusa e una rabbia repressa della protagonista per non avere uno status che conta all'interno della squadra. E non siamo tanto lontani da un riflesso della società odierna, anzi. Isabelle Fuhrman è fantastica qui, un'interpretazione eccezionale, mantiene divinamente quel reprimere le emozioni che sente più di tutti, quella delusione costante nel non essere all'altezza degli altri nascosta da un viso all'apparenza impassibile, soltanto verso la fine inizia a sfuriare e lo fa come una valanga ma restando sempre credibile.

Niente male la componente visiva con un'ambientazione sempre grigia, un po' riflesso dell'umore della protagonista, mai soddisfatta e troppo concentrata sull'obiettivo per godersi la vita, il cielo sempre nuvoloso, trasmette quella sensazione di freddo e fatica che gli atleti in questione provano durante i duri allenamenti di canottaggio. La regia rimane quasi sempre molto sobria, tranne per qualche elegante intermezzo surreale, come uno stacco dalla quotidianità ossessiva alla ricerca di una poetica più leggera che si libra sopra questi problemi.