kowalsky 8½ / 10 14/08/2006 11:50:00 » Rispondi Un capolavoro assoluto, poco da dire... un film che ribalta le convenzioni del cinema tradizionale, raccontando, con uno stile documentaristico ma non troppo, la "morte in diretta" o quasi... Le fasi della lunga malattia di Nicholas Ray, nel letto d'ospedale o nelle sue confessioni "private" non sono atti coercitivi, ma frutto del rapporto epistolare tra Wenders e Ray, dove l'"artista" Ray - mettendosi a nudo fino a descrivere cinematograficamente la propria malattia . si consegna al pubblico nella veste disperata di un'essere umano come tanti, corroso dalla carne e dal dolore. Nonostante le molteplici polemiche che l'hanno accompagnato, il film ci appare ancora oggi come un tentativo (forse involontario, ma non credo) di esprimere la capacità perfida dello schermo e dei media di poter affrontare con una telecamera la realtà piu' scomoda e privata. Se lo guardassimo con un certo distacco, capiremmo che il film è soprattutto un'affettuoso omaggio alla figura cinematografica e umana di Ray, e non ha certo pretese pasionarie à la Winterbotton (tanto per citare un contemporaneo). Per altri versi, l'"Allievo" si affida al "Maestro", che fu il primo a comprendere l'importanza della macchina da presa in un'ottica voyeuristica. Che io sappia solo un altro regista, Derek Jarman, col suo "Blue", è riuscito a fare un film-verità altrettanto disturbante e doloroso. In effetti è tremendamente doloroso, al capezzale di Ray ci siamo anche noi, in fondo