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SALVATORE GIULIANO regia di Francesco Rosi

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amterme63     8 / 10  02/03/2014 22:18:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con "Salvatore Giuliano" Francesco Rosi inizia la serie dei film-inchiesta.
Per questo primo film usa un approccio molto fattuale e distaccato. In primo piano ci sono le azioni, gli ambienti e gli eventuali retroscena; più defilate sono le persone, le loro ragioni, come pure le analisi delle azioni mostrate.
L'originalità del film consiste soprattutto nel fatto che nonostante il titolo si riferisca al famoso bandito Salvatore Giuliano, questo in realtà quasi mai appare nel film. Si riprende e si descrivono i suoi atti, le sue azioni e soprattutto quello che gira intorno a lui, che sia favorevole o contrario. E' una posizione molto abile di Rosi, il quale non prende le parti di nessuno, né vuol far identificare lo spettatore in qualche "eroe" (come fa Hawks in "Scarface"). Che non parteggi nemmeno per la parte statale lo si evince subito fin dalla prima scena. Infatti il film inizia facendo chiaramente capire che la versione ufficiale della morte di Giuliano è falsa e montata ad arte, per nascondere chissà cosa.
Il resto del film è dapprima un montaggio alternato fra ciò che segue l'uccisione e i primi atti criminali di Giuliano, descritti nel loro contesto (la voce off di Rosi c'illumina in merito); poi fra gli atti del processo per la strage di Portella della Ginestra e ciò che si pensa sia avvenuto nei giorni precedenti la morte di Giuliano, con tanto di trattativa Stato-Mafia (ebbene sì, già allora). In quest'ultima parte il protagonista diventa Gaspare Pisciotta (l'unico personaggio di cui si tenta un'indagine psicologica) il grande amico-traditore di Giuliano, depositario di tutti i suoi segreti (non a caso verrà avvelenato all'Ucciardone, non si saprà mai da chi).
Salvatore Giuliano alla fine appare un po' come i protagonisti di "La sfida" e "I magliari", un fuorilegge individualista e outsider, il quale all'inizio viene a patti e infine viene schiacchiato dal sistema consolidato del malaffare.
Anche in questo film di Rosi traspaiono poi tutti i mali annosi della società italiana: l'indifferenza e l'ignoranza della gente comune, il loro assuefarsi e la loro velata partecipazione al malaffare, il ruolo assente o poco intelligente dello Stato (penose le scene dei rastrellamenti) se non addirittura connivente (le torbide trattative e gli scambi di favori).
L'impostazione di distacco verso le persone e attenzione ai fatti e agli ambienti, porta Rosi a privilegiare le riprese con campi lunghi (tantissime le scene il cui la mdp si mantiene molto distante e in alto rispetto all'azione). Ne viene fuori una visione realistica e suggestiva del paesaggio e della gente siciliana. In occasione invece della strage di Portella della Ginesta, Rosi adotta il linguaggio epico e drammatico usato da Eisenstein nella "Corazzata Potemkin".
Si tratta di un film tecnicamente e visivamente rilevante, un piccolo gioiello (non a caso il direttore della fotografia è Gianni di Venanzio), mentre per quanto riguarda la storia in sé non riesce secondo me a penetrare a fondo e completamente nel fenomeno brigantaggio-mafia che ha caratterizzato la Sicilia di quel tempo. Del resto un non siciliano non potrà mai arrivare a capire e a descrivere (come afferma un personaggio del film).