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OLTRE IL GIARDINO regia di Hal Ashby

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amterme63     7½ / 10  10/07/2014 18:27:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con "Oltre il giardino" Ashby porta idealmente a compimento il ciclo di grandi film da lui diretti, i quali trattano tutti più o meno il tema del desiderio di liberazione del singolo individuo dai vincoli imposti dalla società.
La conclusione è in qualche maniera amara e pessimista: il desiderio è destinato a rimanere inappagato, in quanto i singoli non sono più in grado di liberarsi dai condizionamenti sociali, ormai vedono tutto solo tramite stereotipi acquisiti. Sono solo alla ricerca di paradossi da consumare, qualcosa di diverso che gli aiuti a vincere la noia, indipendentemente dalla qualità e dal valore di questo "diversivo".
Ashby usa qui l'arma acuta e molto efficace del sarcasmo e dell'ironia per illustrare questa sua triste considerazione. Del resto fa parte del suo affascinante stile cinematrografico illustrare storie con levità, leggerezza, ironia e sguardo affettuoso e disincantato allo stesso tempo (con l'eccezione di "Tornando a casa" più serioso).
Un'ironia puntuta che si rivolge verso tutti nessuno escluso. Infatti anche il protagonista Chance, preso a modello da un'intera società, è mostrato ironicamente invece come una persona molto limitata, di animo mite ma in realtà indifferente a tutto quello che lo circonda. Usa i sentimenti in maniera quasi meccanica e riflessa, mediata dallo strumento con il quale vive, cioè la televisione. Chance diventa così una metafora di come un essere buono e semplice possa letteralmente diventare dipendente e identificarsi in un oggetto tecnologico e consumistico. Il risultato in questo caso è la quasi assoluta indifferenza a tutto e a tutti. Prova sì dolore e dispiacere, ma è come se non sapesse come collocarlo in quel mondo fatto di quiz, ricette e spettacolo.
Figura peggiore la fanno le persone e il mondo povero e ricco con cui Chance si trova per caso (potenza del nome inglese il quale vuol dire sia "caso" che "occasione") ad avere a che fare. Tutti prigionieri di visioni distorte e condizionate del reale, ognuno alla ricerca di un oggetto su cui sfogare aspettative, insicurezze, elucubrazioni, frustrazioni. Insomma nessuno appare "sano" in questo film o libero da condizionamenti.
Rimane infine da considerare lo strano finale. Si vuole esaltare Chance come dotato di una semplicità, purezza di cuore quasi divine, oppure in maniera malignamente ironica si prendono in giro le aspettative messianiche che la società sembra riversare sull'individuo "speciale"? E' comunque un finale che lascia un po' spiazzati e che forse va preso come una burla verso lo spettatore.
Bravissimo Sellers nell'interpretare un personaggio non facile.
Però personalmente a me il film non ha molto preso. Sarà che non sono entrato in sintonia con il personaggio di Chance. Odio la televisione e ho odiato tutte le scene in questa invadeva e rovinava i contesti. Effettivamente è un po' prolisso e lento. Non ho saputo frenare un po' di fastidio nel vedere tutti pendere da una persona che non aveva i requisiti per farlo. Lo so che è un film volutamente paradossale e sarcastico e che il reale attuale non se ne discosta poi molto, ma l'aspetto riflessivo non ha saputo vincere su quello emotivo.