Jellybelly 7 / 10 12/01/2007 10:17:33 » Rispondi Stilisticamente impeccabile, Lady Vendetta procede discontinuo verso la conclusione della "Trilogia della vendetta", senza convincere del tutto. Sono infatti lontani sia l'inevitabile disperazione di Mr. Vendetta, sia il meccanismo ad orologeria di Old Boy, in favore di una sceneggiatura spesso carente e di un personaggio femminile affascinante ma meno profondo dei protagonisti dei due precedenti capitoli. Troppa la carne al fuoco per un film volto più alla cura della confezione che al trasporto emotivo. Eccellente comunque la messa in opera della vendetta finale, in cui l'efferatezza del gesto ribalta le sensazioni dello spettatore, costringendolo a fare i conti con la propria simpatia nei confronti delle vittime/carnefici.
Perchè una donna, rea confessa del rapimento e delitto di un bambino, che passa tredici anni in carcere espiando giorno per giorno la sua colpa e cercando di rendere più lieve la vita delle sue compagne di cella (anche in modi poco ortodossi, in verità), all'uscita cambia completamente atteggiamento e si mette alla ricerca di un uomo che ritiene il vero colpevole della vicenda? Perchè, al contempo, continua a espiare la colpa (vera o presunta? completa o parziale?) compiendo anche azioni di automutilazione? Perchè non ha fin dall'inizio scaricato quella colpa sul vero autore delle efferate violenze, lasciandolo libero e indisturbato a compiere altri crudeli delitti? Dopo un lunghissimo preambolo, scopriamo che la ragione della serena e "illuminata" permanenza di Geum-ja dietro le sbarre è la presenza di una figlia, mai incontrata e "rubata" proprio da quel professore di inglese che è il vero responsabile del crimine di cui la ragazza si accusò, per evitare che l'uomo uccidesse anche la bambina appena nata. L'espiazione di Geum-ja si lega alla concezione del crimine come peccato: lei non ha commesso direttamente l'omicidio di un bambino ma ne è stata complice e, dopo tredici anni e il ritrovamento del professore scopre la sua connivenza inconsapevole (dovuta alla mancata denuncia) di altri rapimenti, di altre morti di bambini innocenti. Geum-ja non può perdonarsi di aver lasciato che le cose andassero in quel modo: il suo è anche un peccato di omissione, potremmo dire omissione di soccorso nei confronti di quei bambini. Ma la nemesi, per una donna e madre, nella sua concezione non può essere compiuta per conto terzi, e allora eccola rintracciare i genitori dei bambini scomparsi ai quali, in un'atmosfera da macelleria meticolosamente preparata con la dotazione di armi da taglio e impermeabili antischizzo, far compiere la loro personale vendetta o, meglio "giustizia". Il colpevole subisce infatti una sorta di processo, ascoltando tutte le considerazioni dei genitori, della vendicatrice e di un investigatore (l'ago della bilancia?) pronto ad assicurarlo alla giustizia ma anche a rendersi complice dell'esecuzione. Geum-ja lava le colpe proprie e del professore col sangue, ma il sangue non è acqua e il colore nefando rimane appiccicato ai teli di plastica, alle armi, alle anime dei coinvolti... e perfino alla torta che la nostra offre a tutti al termine della cerimonia sacrificale. Eppure questo non basta: non basta ai genitori che lasciano il proprio numero di conto corrente per essere risarciti delle somme versate come riscatto, non basta a Geum-ja, perseguitata dal fantasma cresciuto del bambino rapito, che simbolicamente la parifica al suo vero uccisore. Non c'è consolazione nè giustizia, con la vendetta.
Jellybelly 12/01/2007 10:54:26 » Rispondi La risposta mi sembra piuttosto scontata:
Ottime le caratterizzazioni delle tre donne attorno alle quali si sviluppa Volver, Raimunda, Luna, Agustina, intense, forti, dolci, commoventi, ma da Almodovar è il minimo che ci si possa aspettare; la trama invece langue terribilmente, e moltissime situazioni sono risolte frettolosamente e spesso con una superficialità imperdonabile per un regista come Pedro. Tutta la prima parte del film, fino
SPOILER al ritorno della madre di Raimunda
è tirata via, mai coinvolgente, disunita e sfilacciata, quasi Almodovar avesse bisogno di prendere tempo fino all'evento clou sul quale puntava per dare un'anima al film. L'effetto finale è quello di poche idee (peraltro ricorrenti: rapporto madre-figlia su tutte) attorno alle quali si è voluto costruire un impianto narrativo prodromico francamente inutile.
Intendiamoci, il mestiere di Almodovar gli consente di mantenersi su livelli abbondantemente sufficienti, ma il pathos di Tutto su mia madre o l tagliente humour di Donne sull'orlo di una crisi di nervi non abitano qui.
Andrea Lade 14/01/2007 04:16:45 » Rispondi Martina mannaggia a te,mi hai preceduto,comunque è giunta l'ora di dire la mia e quindi mi domando....
Perchè una donna, rea confessa del rapimento e delitto di un bambino, che passa tredici anni in carcere espiando giorno per giorno la sua colpa e cercando di rendere più lieve la vita delle sue compagne di cella (anche in modi poco ortodossi, in verità), all'uscita cambia completamente atteggiamento e si mette alla ricerca di un uomo che ritiene il vero colpevole della vicenda? Perchè, al contempo, continua a espiare la colpa (vera o presunta? completa o parziale?) compiendo anche azioni di automutilazione? Perchè non ha fin dall'inizio scaricato quella colpa sul vero autore delle efferate violenze, lasciandolo libero e indisturbato a compiere altri crudeli delitti? Dopo un lunghissimo preambolo, scopriamo che la ragione della serena e "illuminata" permanenza di Geum-ja dietro le sbarre è la presenza di una figlia, mai incontrata e "rubata" proprio da quel professore di inglese che è il vero responsabile del crimine di cui la ragazza si accusò, per evitare che l'uomo uccidesse anche la bambina appena nata. L'espiazione di Geum-ja si lega alla concezione del crimine come peccato: lei non ha commesso direttamente l'omicidio di un bambino ma ne è stata complice e, dopo tredici anni e il ritrovamento del professore scopre la sua connivenza inconsapevole (dovuta alla mancata denuncia) di altri rapimenti, di altre morti di bambini innocenti. Geum-ja non può perdonarsi di aver lasciato che le cose andassero in quel modo: il suo è anche un peccato di omissione, potremmo dire omissione di soccorso nei confronti di quei bambini. Ma la nemesi, per una donna e madre, nella sua concezione non può essere compiuta per conto terzi, e allora eccola rintracciare i genitori dei bambini scomparsi ai quali, in un'atmosfera da macelleria meticolosamente preparata con la dotazione di armi da taglio e impermeabili antischizzo, far compiere la loro personale vendetta o, meglio "giustizia". Il colpevole subisce infatti una sorta di processo, ascoltando tutte le considerazioni dei genitori, della vendicatrice e di un investigatore (l'ago della bilancia?) pronto ad assicurarlo alla giustizia ma anche a rendersi complice dell'esecuzione. Geum-ja lava le colpe proprie e del professore col sangue, ma il sangue non è acqua e il colore nefando rimane appiccicato ai teli di plastica, alle armi, alle anime dei coinvolti... e perfino alla torta che la nostra offre a tutti al termine della cerimonia sacrificale. Eppure questo non basta: non basta ai genitori che lasciano il proprio numero di conto corrente per essere risarciti delle somme versate come riscatto, non basta a Geum-ja, perseguitata dal fantasma cresciuto del bambino rapito, che simbolicamente la parifica al suo vero uccisore. Non c'è consolazione nè giustizia, con la vendetta.
K.S.T.D.E.D. 21/01/2007 18:57:59 » Rispondi " E comunque Asami è più bella di Geum-Ja. ". Ne dici tante di cose balorde.. ma questa non si può proprio sentire/leggere. E non rispondere che i gusti son gusti perchè alcuni, giustappunto, fanno veramente schifo.
Jellybelly 22/01/2007 09:33:49 » Rispondi Ma non c'è proprio paragone: Geum-ja manca completamente del fasciono angelico/perverso/fetish di Asami, ed indossa un ombretto rosso inguardabile. Uomo di rozzi gusti.
K.S.T.D.E.D. 22/01/2007 11:19:55 » Rispondi Non so più come fare con te. angelico : Geum-ja fetish : Geum ja (non certo Asami che è solo sadica) perverso (tendenzialmente fuori di testa): Asami.
Ne conviene che chewing gum.. è decisamente migliore. Senza contare che se la fa con i regazzini.. ed io modestamente lo sono. Forse preferisci Asami perchè la pazza predilige i vecchi..dovevo arrivarci prima.
Jellybelly 22/01/2007 12:52:06 » Rispondi Vabbe', va, elargiamo un po' di perle ai porci. Asami incarna quel fascino angelico deviato che fu già di Lucifero, il portatore di luce, l'angelo caduto: splendente di niveo candore in principio, con l'emergere della sua vera natura la luce scompare per far posto all'oscurità, riflessa nei toni scuri del suo abbigliamento fetish. Geum Ja invece è capace soltanto di ammazzare ciccione carcerate e farsela con i ragazzini. No no no, Asami rulez!
K.S.T.D.E.D. 22/01/2007 13:04:36 » Rispondi Mi sa che hai elargito porci alle perle. Impara: Una piccola differenza : Lucifero rappresenta il male, quello lucido e arguto; Asami rappresenta una deviazione, purchè lucida, totalmente malata. Non è la stessa cosa. Sciocco.
Tornando all'aspetto meramente fisico...diciamocelo..Asami è una mazza di scopa (un modo come un altro per dire che è magra..mi sembrava giusto specificare vista la tua difficoltà negli accostamenti e nelle metafore).
Jellybelly 22/01/2007 17:07:48 » Rispondi Io ci provo ad elevarti, ma niente, temo sia una battaglia persa. Basta, non ti elargirò più nè porci nè perle, sguazza pure nelle tue sciocche convinzioni.
Asami non è una mazza di scopa, è aggraziata e longilinea. E Geum Ja è vecchia.
K.S.T.D.E.D. 22/01/2007 21:50:13 » Rispondi Sgluap!! sgluap!! (sto sguazzando). Ok ok me la potevo risparmiare..ok..diamo a Cesare quel che è di Costantino.