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LA LINGUA DEL SANTO regia di Carlo Mazzacurati

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kafka62     7 / 10  16/05/2018 09:36:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un film garbato, "La lingua del santo", malinconico e garbato. Uno si aspetta una commedia tipo "I soliti ignoti", e invece ecco venir fuori una pellicola quasi esistenzialista, che parla di fallimenti, di crisi sentimentali, ma anche di fame, di precarietà lavorativa, di 200.000 lire tenute da parte per i tempi brutti. E' perfino un film romantico, quello di Mazzacurati, di quel romanticismo della sconfitta così poco di moda oggigiorno. Ma è anche un film di valori, in quanto il furto della reliquia del titolo non è solo il mezzo più spiccio per arricchirsi, ma, per almeno uno dei due compari, è l'occasione per dimostrare, a se stesso più che agli altri, di valere qualcosa, di non essere soltanto un fallito, un rifiuto sociale, un paria. E' significativo che Willy dica "ce l'abbiamo fatta" proprio mentre è in manette, mentre si fuma, per la prima volta a testa alta, una sigaretta sul motoscafo che lo porta in carcere. Il suo è un trionfo paradossale, di un "povero cristo" che, accettando con dignità la sua croce, esalta per luce riflessa valori come l'amicizia (il rapporto con Antonio, fatto di poche parole e di gesti significativi, come quando quest'ultimo, in preda alla fame, dona l'ultimo mirtillo all'amico), l'amore (l'attaccamento ossessivo, ma sincero, per l'ex moglie), il legame con la terra d'origine (la laguna veneta, fotografata magnificamente nei suoi aspetti più poetici).
Mazzacurati gira in stato di grazia e si conferma uno dei pochi grandi registi italiani, mentre Bentivoglio e Albanese si rivelano due ottimi attori, dalla comicità misurata e surreale. Se la sceneggiatura non soffrisse di qualche pausa, di qualche digressione (il sogno di Antonio) e di qualche lungaggine di troppo nella parte centrale del film, saremmo di fronte davvero a un capolavoro.