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L'ADULTERA regia di Ingmar Bergman

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amterme63     6 / 10  17/02/2011 22:36:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è certo uno dei film meglio riusciti di Bergman. Il progetto di adattarsi ai canoni del cinema commerciale può dirsi fallito: troppo lento e monotono per essere un film di cassetta, troppo superficiale e piatto per essere un film di cultura. Insomma né carne, né pesce.
In questo film manca quasi totalmente la profondità, l'universalità e la ricchezza delle tematiche: la caratteristica affascinante di quasi tutti i film di Bergman. Si narra una comune storia di triangolo: marito-moglie-amante dove ci si sofferma più che altro sui risvolti psicologici, ma anche fattuali e pratici che tale menage comporta. E' il suo film dove la carne, le persone nude hanno più spessore materiale e sensuale. Manca invece quasi del tutto lo spessore spiritualista e riflessivo.
Questo film mi ha fatto capire che il cinema di Bergman è un cinema molto intellettuale e razionale, nel senso "investigativo" del termine. Qualsiasi aspetto del mondo umano viene sempre espresso, portato alla luce, reso consapevole, analizzato; quasi sempre questo avviene in presa diretta con effetti drammatici sulla pella dei personaggi. Nei suoi film c'è sempre la grande forza del sentimento, la forza dell'espressione, la forza dell'analisi e la forza della rappresentazione. I personaggi parlano molto, pensano molto, esprimono molto e lo spettatore viene quasi travolto da una fluire continuo e intenso di messaggi.
In questo film si sceglie invece di far agire i personaggi quasi a loro insaputa, preda di sentimenti e atti di cui non si rendono conto e che non riescono a conoscere e a esprimere. Ne risente il coinvolgimento dello spettatore che fa fatica a capire il perché delle (non) scelte. David (il personaggio interpretato da Elliot Gould) rimane misterioso e sconosciuto. Si fa molta fatica a capirlo. Meglio Karin, il personaggio interpretato da Bibi Anderson, la vera protagonista. Di lei si sa che vorrebbe evadere dal tran-tran borghese (la vita borghese è sul banco degli imputati) e che vorrebbe "consolare" una persona infelice. Ma anche qui si fa fatica a capire e a immedesimarsi nel suo "non poter fare a meno" di un amante che la tratta male e che la trascura. La scelta finale di ritornare dal tranquillo marito, alla sicurezza della routine è probabilmente la scelta migliore.
Da notare l'adesione di Bergman e Nykvist alla fotografia piena, nitida e colorata, tipica dei primi anni '70. Epoca in cui la bellezza maschile era una bellezza "pelosa". Oggi quasi più nessuno spoglierebbe Elliot Gould in un film.