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PASSIONE regia di Ingmar Bergman

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Ivs82     6 / 10  14/08/2006 18:42:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ultimo film della cosidetta "tetralogia di Fårö" (dal nome dell'isola in cui i film furono girati) "La passione" è senza dubbio uno dei lavori più pessimisti del regista svedese. L'opera ci porta infatti nella tetra e desolata terra scandinava, luogo inospitale e fuori dal tempo in cui si incrociano le vicende di quattro personaggi: Andreas, che ha deciso di utilizzare la solitudine come antidoto all'inutilità dei rapporti umani; Anna, consumata dal doloroso ricordo di un incidente in cui persero la vita il marito e il figlio; Vera Vergerus , donna profondamente infelice che ricerca invano la propria identità in un mondo che la vuole "marionetta"; ed infine Elis Vergerus, che è forse l'unico personaggio vincente di questo dramma: rifugiandosi infatti nel bieco egoismo ha saputo creare uno schermo protettivo tra se e il mondo esterno (tanto che gli unichi picchi emozionali della sua arida esistenza può ricercarli solo nelle foto degli altri individui).
Bergman in questa crudele ma lucidissima riflessione sui rapporti umani sembra lanciare un monito di marcata matrice leopardiana: l'uomo è sempre votato all' infelicità ed ogni tentativo di superare questa condizione è destinato al fallimento. L'isolamento, la fede in Dio, il ricordo sono solo espedienti effimeri per sfuggire la tristezza che governa il mondo: ed il dolore, l'insoddisfazione e i sensi di colpa non si possono scacciare se non ricorrendo all'egoismo (Andreas infatti decide di ritornare a fare l'eremita piuttosto che continuare a soffrire nella sua veste di "animale sociale") e alla più totale sfiducia verso gli uomini.
Un'analisi disperata e quasi estrema che attinge a piene mani da quelle correnti pessimistiche scandinave (Kierkegaard) che hanno profondamente segnato la sua crescita culturale e sono lo specchio della sua fase più misantropa e pessimista.
Ed è un peccato che l'eccessiva lentezza e alcune elucubrazioni intellettuali appesantiscano eccessivamente il racconto; mentre infatti nel cinema odierno capita di frequente che alla forma non corrisponda la sostanza, in questo caso avviene esattamente il contrario: i temi trattati sono esposti con lucidità e profondità ma la regia rozza e il ricorso ad alcuni espedienti "godardiani" (gli stessi attori che nel dietro le quinte analizzano le psicologie dei personaggi da loro interpretati) contribuiscono all'invecchiamento precoce dell'opera e ne mettono in evidenza i due maggiori difetti, ovvero l'ermeticità e l'eccessivo intellettualismo. Troppo cervello e poco cuore verrebbe da dire. Ma anche cosi' rimane una tappa interessante nel percorso filmico del Maestro svedese anche perchè in essa si possono rintracciare numerose linee guida del suo pensiero.