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THE NEW WORLD - IL NUOVO MONDO regia di Terrence Malick

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kafka62     7½ / 10  25/03/2018 19:15:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Natura vs. cultura, mondo primitivo vs. civiltà: Malick tratta questo tema, già innumerevoli volte affrontato dal cinema, nell'unico modo a lui congeniale, e cioè non attraverso una ricostruzione storica fedele e documentata, né per mezzo di una favola alla Pocahontas, e neppure con la rappresentazione critica di uno scontro tra due universi contrapposti e inconciliabili (con annesse nostalgie ecologiste o polemiche no global), bensì lasciando parlare (come già aveva magistralmente fatto ne "La sottile linea rossa") le immagini, e diluendo la storia (e a tratti, verrebbe da dire, quasi dimenticandola) nel fluire impassibile del tempo e della natura. Ne esce fuori un film strano, astratto nonostante la sua panica concretezza, atemporale pur nella sua precisa collocazione cronologica, privo di emozioni tangibili pur raccontando una delicata storia d'amore, un film dalla lentezza estenuante in cui però la noia latente sotto la sua superficie è un giusto pegno da pagare alla ammirevole maestria registica di Malick. "The New World" è un'opera da prendere o lasciare, da amare o da odiare, senza mezzi termini. Non vi si trova né retorica né commozione (nonostante che il soggetto – una donna divisa tra due uomini che ama o rispetta, e che muore alla fine del film – fornisca l'occasione per più di una scena madre), ma neppure, ad essere sinceri, afflato epico o riflessione filosofica (nonostante l'onnipresente voce off ad esprimere i pensieri dei protagonisti). La sua bellezza va cercata nelle piccole cose, nelle inquadrature non necessarie, nei dettagli apparentemente gratuiti, nella attitudine contemplativa di Malick, oltre che ovviamente nella contagiosa vitalità e dolcezza di Q'Orianka Kilcher, incantevole sia quando saltella infantilmente in un prato sia quando si aggira curiosa e smarrita nelle lussuose sale del palazzo reale. Forse, in assenza di una autentica empatia con gli ambigui e sfuggenti personaggi e di una morale che chiuda in qualche modo il cerchio delle due ore e mezzo di una storia ellittica e anti-psicologica, bisognerebbe semplicemente mettere da parte le usuali facoltà critiche e abbandonarsi al fascino enigmatico e magico di immagini bellissime che sembrano rivendicare, inquadratura dopo inquadratura, sequenza dopo sequenza, l'assoluto predominio della visione sulla narrazione. Se questa è stata l'intenzione dell'autore, allora si può ragionevolmente dire di aver assistito se non proprio a un capolavoro, sicuramente alla originale, coerente e al giorno d'oggi quasi anacronistica (nel senso migliore del termine) espressione di una personalissima poetica cinematografica.