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LADY HENDERSON PRESENTA regia di Stephen Frears

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5 / 10  30/01/2006 01:33:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ebbene che fine ha fatto il Frears vetriolico e malsano che faceva a pezzi l'estabilishment inglese? Se (ancora) non siamo dalle parti di Zeffirelli poco ci manca. Se accettiamo il fatto che il cinema di F. racconta da sempre l'umanità nel monolitismo del proprio ambiente, non puo' stupire che la scelta di lady henderson renda onore a tutto quel cinema, teatro, letteratura che col tempo è diventato negazione stessa della modernità. Il sospetto di manierismo si addensa già nei titoli di apertura, quando l'autore costringe lo spettatore stesso a vivere il vaudeville senza curarsi dell'allergia che qualcuno ha verso tutto cio'. Forse sarebbe il caso di ricordare che Noel Coward è ancora un classico per gli inglesi, e non è vaudeville. Ma questo è di gran lunga il peggior film di Frears, un'operina mediocre girata con grazia ma chiusa nel suo mondo, prigioniera della sua carineria e degli ammiccamenti non dico retorici ma stucchevoli a una britannicità piu' frigida che mai. Così è giusto rievocare la tradizione storica del teatro inglese se filtrata dai segni "coloniali" made in Usa che portarono Broadway a Londra, e precedono Ziegfield e Busby Berkeley, a cavallo tra le due guerre, mentre i nazisti invadono l'Europa ma lo spettacolo - veicolo di speranze perdute e consolatamente ritrovate - è la forma eterna di fatalismo reale. Bene la scansione temporale che sembra rileggere la vaquità di una mise in scene che produce solo a tratti l'impatto sociale dei libri di Sinclair Lewis e di certi script hollywoodiani degli anni d'oro. Ok, nasce un nuovo filone che ha avuto in topsy-turvy e nella biografia di Cole Porter i suoi esempi eloquenti. E allora? Allora Lady Henderson celebra l'aplomp della vedovanza attraverso il potere di poter gestire l'arte della rappresentazione come "forma di vita". Tutt'altro: la gallina dalle uova d'oro del deco' borghese che riduce l'umanità alla sua essenza primordiale, un po' alla "Oh che bella guerra" di Attenborough Solo che quello era un film volutamente grottesco, quindi dispensato dalla critica sulla sua sconcertante mancanza di serietà.
Esiste ovviamente una vera magia del film, nel teatro che vive dei mutamenti temporali, negli spettacoli che da effimeri show goliardici passano al nudismo con l'alibi censorio dell'espressione artistica, fino alla propaganda bellica con la pin-up di turno (Betty Grable? No troppo presto) o la fidanzatina che agita i fazzoletti commossa a salutare il suo eroe che parte per il fronte. E' tutto così falso, stereotipato, persino irritante quando in una cornice accomodante scoppia una bomba che uccide una ballerina, ma poi tutti a sorrisi e canzoni che la vita è un sogno e i sogni aiutano a vivere meglio, come direbbe l'incredibile Marzullo. Ovviamente il film è gustoso come un'indigestione di bignè, si rischia la carie. No, non riesco a credere che questo sia un film di Frears, magari il veleno che avevi in serbo servirà per il prossimo film? Lo spero vivamente. Consiglio caldamente ai tanti che hanno usato parole d'entusiasmo per questo film di chiedersi se abbiamo bisogno di questo tipo di cinema, oggi. Lady Henderson presenta? Grazie no, firmerei carte false per far chiudere questo teatro