Thorondir 9 / 10 22/03/2023 14:30:51 » Rispondi Inferno e paradiso (questo il titolo originale) rende meglio l'idea della dicotomia su cui gioca il film: sulla collina i ricchi alle prese con i loro intrighi finanziari, sotto l'inferno degli ultimi, dei tossicomani, dei poveracci che per campare bruciano immondizia. E non è un caso che la prima parte del film è tutta nell'interno della casa-reggia dell'industriale Gondo mentre progressivamente il film va a scandagliare i bassifondi, gli ospedali affollati, i vicoli dove i tossicomani appaiono come zombie. Un film con cui quindi Kurosawa mette in mostra i due lati del Giappone anni '60 e ne delinea peculiarità e differenze di classe. Uno sguardo che si fa via via più realista e quasi documentarista e con cui Kurosawa delinea un mondo in cui nascere e vivere nell'inferno o nel paradiso è questione di caso: e dove le scelte di chi vive in paradiso, pur sofferte e laceranti, sembrano non esistere per chi invece non ha scelta ed è confinato all'inferno. Questa storia che assume via via i tratti del poliziesco viene resa cinematograficamente da Kurosawa con una rigorosità disarmante, con la scelta di rendere vicini o lontani i personaggi nell'inquadratura in base a quanto sono o non sono daccordo sul da farsi (magistrali in tal senso i primi 40 minuti). Per non parlare poi della ricchezza di montaggio che permette di non perdere nulla, per la precisione fino al dettaglio e sempre credibile della ricostruzione del caso da parte dei poliziotti. Insomma, un film che ha tanto da dire sul piano tematico e che lo fa con una forma perfetta e finanche destinata a scrivere la storia (il rosso esemplificativo in un film in bianco e nero tornerà in "Schindler's List" di Spielberg).
L'unico (importante) appunto va fatto riguardo alla scelta morale che il film compie: si potrebbe discutere sulla polizia che vuole a tutti i costi la pena di morte e non la sola condanna per il rapimento. Ancor più discutibile è che per arrivare a questo trova la morte la donna eroinomane, vittima si del criminale, ma anche del "gioco" creato dalla polizia che usa consapevolmente la donna quasi come esca.