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SANJURO regia di Akira Kurosawa

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Tumassa84     8 / 10  09/02/2011 05:02:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tsubaki Sanjuro è un riuscito jidaigeki firmato Kurosawa, che confeziona un'opera serrata, avvincente e concisa dove il superfluo non trova spazio: ogni elemento ha una sua precisa funzione narrativa e così i poco più di 90 minuti di proiezione risultano pieni e senza il minimo calo di ritmo. Il personaggio di Mifune è uno di quelli che ho preferito tra i numerosi che questo leggendario attore ha impersonato: come sempre è sbruffone e sicuro di sé, ma ha anche una vela malinconica che lo rende molto umano facilitando così l'empatia con lo spettatore, oltre al fascino che scaturisce dall'essere un personaggio totalmente avvolto nel mistero (anche il suo nome è fasullo: Tsubaki è la camelia, e dice di chiamarsi così solo perchè aveva visto una camelia, mentre Sanjuro vuole dire "sulla trentina"). Egli è il classico personaggio che nell'immaginario collettivo giapponese è sempre e inevitabilmente il più affascinante: in una società zeppa di regole e in cui ognuno deve stare sempre al suo posto e uniformarsi con gli altri, secondo il proverbio nipponico che "il chiodo che sporge vien battuto", quando vi è un chiodo che effettivamente decide di sporgere e non uniformarsi, come il nostro Sanjuro, ma come decine e centinaia di altri personaggi nel folklore, nel cinema, nel fumetto e nell'animazione giapponese, esso risulta brillante, attraente; e tutti inevitabilmente vi anelano, consci d'altra parte che non avranno mai la forza e il carattere per essere come lui. Impossibile poi non citare la bellissima e anticonvenzionale scena del duello finale, carica di pathos e infine anche disgustosa e scioccante, in un film che fino a quel momento non aveva praticamente fatto vedere una goccia di sangue. Ma questo disgusto serve per condividere lo stato d'animo di Sanjuro, che infatti si adira con i 9 samurai quando essi si complimentano con lui per la vittoria. Normale che uno spirito libero, anarchico e con una scala di valori lontana da quelli condivisi decida di andarsene via da solo, verso una meta e un futuro ignoti.