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SANJURO regia di Akira Kurosawa

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amterme63     8 / 10  20/05/2010 22:42:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un film magnifico soprattutto per l'originalità e l'anticonvenzionalità. Formalmente è uno splendido film del genere "samurai". Ci sono lotte fra opposti schieramenti, duelli, avventure, suspense, l'eroe buono e quello cattivo, insomma tutto quello che lo spettatore è abituato a vedere e che si aspetta.
Eppure Kurosawa utilizza proprio le convenzioni tipiche dei film di genere per smontarne gli stereotipi e rovesciare il messaggio che normalmente trasmettono. L'eroe in qualche maniera diventa anti-eroe e l'etica della supremazia e della violenza lascia il posto a quella del raziocinio e del rispetto per le persone. Pochi hanno avuto la capacità e il coraggio di operare questa trasformazione.
Questo è ottenuto mettendo a confronto l'anziano ed esperto ronin Sanjuro con alcuni giovani aspiranti samurai, inesperti e fin troppo ligi alle "regole". Anche questo film affronta quindi il tema tipico dei film di Kurosawa, cioè il contrasto fra ragione/vita e impulso/distruzione.
Sanjuro, qui più che in Yojimbo, viene presentato come un persona fuori da tutti gli schemi prefissati per il ruolo di guerriero. Non si cura esteriormente, non si dà arie, non si dà il minimo contegno, non brama la lotta o lo scontro, non deve far vedere a tutti i costi che lui è il più bravo e il più valoroso. Quello che conta per lui è arrivare nella maniera più efficace e indolore possibile alla meta prefissata. La preminenza è data quindi all'astuzia, al doppio gioco, insomma all'intelligenza più che al valore.
Di fronte a Sanjuro ci sta un gruppo di 9 giovani samurai romantici. Tengono tantissimo al loro aspetto esteriore e usano pure l'apparenza come metro per giudicare le persone. Per questo finiscono sempre per farsi ingannare. Agiscono poi solo in base al loro irruento istinto idealistico di mostrare coraggio e valore ad ogni costo e finisce così tutte le volte che loro decisioni sono sempre quelle sbagliate. Kurosawa è impietoso nei loro confronti, tanto da farli passare a volte come ridicolmente ingenui.
La conclusione è che il mondo umano viene compreso solo dai pochi che riescono ad andare al di là delle apparenze e che scrutano dentro i fatti e le persone.
Il fine però non giustifica i mezzi o almeno i mezzi non devono mai diventare più importanti del fine. Ce lo ricorda un bellissimo personaggio, quello dell'allegra e umana moglie del ciambellano, amante dei fiori e nemica del sangue e della violenza. Lei sì che vede bene dentro le persone. Riconosce subito la vera essenza di Sanjuro: "lei è come una spada sguainata, troppo tagliente e pericoloso; le spade migliori sono quelle che rimangono dentro il fodero".
E' un giudizio che coglie proprio nel segno, nell'intimo conflitto di Sanjuro. Lui si sente dentro come un eroe dei film di Ford, una persona che interviene a risolvere i conflitti ma che non è adatto a rimanere in società.
Così è anche il destino di Sanjuro in questo film, non prima però di avere dato un saggio di duello finale fra i più anticonvenzionali e "artificiosi" che siano mai stati girati. Lo scopo è quello di "schifare" lo spettatore e non di esaltare le doti dell'eroe. Sanjuro stesso si sente alla fine un verme e una persona schifosa per quello che ha fatto, per un azione che in altri film sarebbe valsa l'apoteosi e la celebrazione.
Bravissimo Kurosawa; ci hai fatto capire, senza voler nascondere o censurare, che c'è poco da divertirsi e da gioire con la morte delle persone.