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I BASSIFONDI regia di Akira Kurosawa

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Crimson     8 / 10  05/03/2006 10:55:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo Shakespeare il '57 è l'anno in cui Kurosawa porta sul grande schermo un altro dramma: "i bassifondi" di Gorkij. Ne vien fuori un altro gran film, filmato in presa diretta in modo da rendere ancora più spontanei i dialoghi, che costituiscono l'ossatura del film.
L'azione è limitata al massimo: la vicenda si svolge esclusivamente all'interno di un asilo-dormitorio (ma è un eufemismo..in parole povere è un rudere per barboni) e del cortile adiacente. L'impressione è quella di stare a teatro e l'immobilità dei numerosi protagonisti aiuta ulteriormente lo spettatore ad addentrarsi nelle loro storie e nella loro psiche.
Credo che si tratti del film più profondo del regista; l'aspetto interessante è che le riflessioni sull'esistenza sono di personaggi ai margini della società: c'è il fabbro che non fà altro che autocommiserarsi e che crede che un giorno uscirà da lì e tornerà nella "vita" (è uno dei personaggi più negativi della vicenda - addirittura non assiste la moglie morente); c'è la prostituta sognatrice; c'è l'ex samurai (o perlomeno fà credere di esserlo) che vive di rimpianti e vanta di continuo la sua discendenza; ci sono il padrone della catapecchia e sua moglie, usurai e immorali. E poi ci sono i grandi protagonisti, alcuni sicuramente positivi, altri che pur commettendo degli errori restano (per me) comunque memorabili, e oltretutto simpatici.
Il vecchio è il personaggio-chiave. Arriva e scompare all'improvviso ma nel mezzo impiegherà tutta la propria saggezza al servizio degli altri, dispensando consigli e lasciando un segno. Egli è convinto che "dire bugie non è sempre fare del male" così come "dire la verità non sempre fà bene". Non sempre le sue parole poi di fatto modificano i comportamenti e le attitudini degli ospiti: la vicenda dell'attore-alcolista così come quella del ladro dimostrano come non si possono cambiare le persone. Eppure le sue frasi centrano sempre il bersaglio, che è quello di smuovere perlomeno degli animi affranti di persone che hanno dimenticato cosa sia la speranza. E al tempo stesso non passa inosservata la sentenza che pronuncia di fronte al padrone dell'asilo: "l'uomo deve amare. Chi non ha nessuno che lo ami ha i giorni contati". Più che una sentenza si rivela una profezia per quell'uomo perfido e solo, che ha vissuto all'insegna dell'egoismo approfittando delle disgrazie altrui.
Un'altra scena stupenda è quella in cui nell'assistere la donna morente la conforta dicendole che nel posto in cui andrà non soffrirà (poco prima aveva espresso il concetto che le bugie possono fare del bene..) e ne scaturisce un dibattito con il ladro sull'esistenza o meno del paradiso. "Ma davvero c'è il paradiso?" chiede il ladro. "C'è per chi ci crede" risponde il vecchio col suo consueto sorriso.
Un altro personaggio sopra le righe è il giocatore, sempre spensierato e col sorriso pronto per tutti. Emerge nella parte finale fino all'ultima scena straordinaria, che lascia col sorriso ma carichi di amarezza al tempo stesso (come in "vivere" ad esempio).
In definitiva, questo è un film magnifico, umano e profondo, in cui trionfano i soliti antieroi.
L'unica parte che non mi è piaciuta è quella relativa all'arresto del ladro, un pò troppo melodrammatica per i miei gusti.
Gli preferisco "dodes'ka den" anche se i due film sono molto diversi pur avendo dei punti in comune.

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