caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

SCANDALO regia di Akira Kurosawa

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     7 / 10  21/02/2010 22:35:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scandalo è considerato un film minore di Kurosawa, nonostante ciò io l’ho trovato gradevole, divertente, ancora interessante e attuale. Il tema del film è legato a eventi di interesse pubblico nell’epoca e nella nazione di uscita del film (Giappone 1950 – l’insorgere di un’invadente e tendenziosa stampa scandalistica), Kurosawa però riesce a tirare fuori da questo argomento aspetti e risvolti di significato sempre attuale come pure a evocare figure umane dal pathos molto intenso e che rimangono profondamente impresse.
La storia è congegnata abbastanza bene per tenere sempre desta l’attenzione dello spettatore. Come in un film di Hitchcock lo spettatore sa come si sono svolti realmente i fatti e quindi si appassiona nel vedere come la verità venga messa in dubbio e in pericolo dall’interesse privato e cerca di tifare e incoraggiare il protagonista ad andare fino in fondo e a non arrendersi. Ovviamente lo spettatore alla fine ha la sua “meritata” soddisfazione, seguendo le regole non scritte del cinema dell’epoca che prevedono l’invariabile e certa vittoria del buono e del giusto. Eppure basteranno pochi mesi e Kurosawa sarà uno dei primi a mettere in crisi questa convenzione grazie a Rashomon.
In qualche maniera questo “dubbio” viene espresso anche in Scandalo, grazie alle parole ciniche e realistiche del direttore del giornale scandalistico, il quale afferma senza mezzi termini che la realtà è nelle mani di chi “informa”, in quanto il ricettore non ha alcuna possibilità o sufficienti mezzi per verificare o negare un’apparente evidenza. Sono frasi di una sconcertante attualità, che bruciano ancora sulla nostra pelle di cittadini italiani del XXI secolo.
La parte più bella e profonda del film ce la regala il particolare personaggio dell’avvocato, interpretato dal grande Takashi Shimura. In lui vive un contrasto fortissimo fra bassi istinti (pigrizia, sciatteria, ubriachezza, sperpero al gioco, vigliaccheria, pusillanimità) da una parte e coscienza e rimorso (le aspettative di rettitudine, forza, altruismo, onestà da parte di sua figlia gravemente malata) dall’altra. Shimura dà a questo personaggio l’atteggiamento vile e strisciante del Watanabe di Vivere, come pure tutto il suo immenso dolore e la disperazione nel vedere l’incapacità di vincere e dominare la propria indole negativa. E’ una recitazione a tratti grottesca (il personaggio lo prevede) e a tratti tragica. Kurosawa/Shimura riescono a tratteggiare un personaggio che sembra uscito dai racconti di Gogol e di Dostojevskij. Certo forse patisce a tratti di una certa esagerazione e anche il personaggio della figlia malata sfiora un po’ troppo il patetismo, il risultato in termini di effetto è però notevole. L’avvocato è anche il mezzo con il quale Kurosawa ci porta di nuovo nei bassifondi di Tokyo, con la loro triste e povera ma genuina umanità, sullo sfondo del solito stagno maleodorante e infettante.
Per il resto il film ha un inizio con una fotografia folgorante: una corsa in moto ripresa al reale (a Hollywood avrebbero impiegato uno sfondo) e una splendida scena en plein air di un ritratto di splendido paesaggio montagnoso.
Da segnalare la splendida performance di Toshiro Mifune che in questo film comincia a mostrare tutto il suo charme, la semplice e affascinante bellezza di un giovane sicuro di se, allo zenith della propria vita. E’ il primo film in cui trovo la recitazione di Mifune forse superiore a quella di Shimura.