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SUGATA SANSHIRO regia di Akira Kurosawa

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amterme63     8½ / 10  03/01/2010 21:49:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che bel film! Sono rimasto a bocca aperta. Ci sono delle scene che mi hanno affascinato tantissimo e non me le dimenticherò mai. E pensare che è un film in bianco e nero, girato in economia (il Giappone era già in guerra), con una piccola non di buona qualità (la visione è abbastanza sfuocata) e con una sonorizzazione piuttosto artigianale. Il “risparmio” lo si vede anche dalla semplicità dei punti di ripresa; infatti non ci sono panoramiche o piani sequenza, rimpiazzati però da molte carrellate, campi lunghi e da intensi primi piani – l’asso nella manica di chi dispone di pochi mezzi.
A dispetto di ciò Kurosawa decide di osare: riprende tante scene in notturna e altre in apertissima campagna in piena tempesta di vento. Nonostante i difetti di visione (non sempre nitida) la suggestione di tali riprese è immensa. E’ questo il segreto e il grande pregio del film: dare alle immagini tutta la verità e il fascino dell’ambientazione naturale e anche le azioni ritratte sono tutte estremamente naturali e intense.
L’oggetto del film è la ricerca e l’affermazione dell’equilibrio fra le passioni personali (la forza fisica e la forza dei sentimenti come orgoglio, sfida, affermazione di sé) e il rispetto delle norme spirituali universali (equilibrio, misura, modestia, amicizia, aiuto reciproco). Saranno le esperienze del protagonista Sanshiro Sugata ha mostrarci questo percorso. Sanshiro è giovane, bello, forte, focoso, tutto dedito alle arti marziali. Vuole imparare e si aggrega ad una scuola di persone viziose e poco raccomandabili. Dopo la splendida scena notturna in cui il maestro di judo Yano sconfigge l’accolita di bruti, Sanshiro decide di seguirlo. Sarà Yano a insegnare a Sanshiro la “vera via della vita umana” (splendida la scena del loro dialogo, con Sanshiro che si rappezza vergognoso il vestito strappato), che starebbe nel rapporto armonico con la natura e con gli altri (simboleggiato dalla contemplazione spirituale dello schiudersi di un fiore di loto – altra scena magistrale).
Saranno tante le prove che dovrà affrontare Sanshiro, soprattutto interiori (le scene di lotta puntano più che sulla spettacolarità, sulla tensione psicologica e interiore). Alla fine saprà moderarsi e apprezzare anche il valore degli sconfitti. Il film culmina però con la sfida con uno strano personaggio più metafisico che umano (viene paragonato ad un serpente) che avviene in un vasto pendio collinare di erbe altissime, mosse da un forte vento in un inseguirsi velocissimo di nubi. E’ una scena che non si dimentica da quanto è bella.
Il segreto di Kurosawa è quello di usare le tecniche espressive del muto anche con il sonoro. La storia è piena di ellissi e si concentra in poche scene esemplari e qui Kurosawa mostra tutta la sua bravura inventando scene (come quella dello zoccolo) che suggeriscono il passare del tempo o il mutare delle situazioni.
Splendide poi le scenografie (il film è ambientato nel Giappone di fine ‘800) e le ambientazioni (vie, cortili, interni domestici) molto naturali e vive che per noi non giapponesi sono ancora più affascinanti per la diversità con il nostro mondo.
Si tratta senz’altro di uno dei più bei debutti della storia del cinema!