caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

A HISTORY OF VIOLENCE regia di David Cronenberg

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     8 / 10  05/11/2010 23:45:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Cronenberg è proprio specializzato in "metamorfosi". Con questo film la metamorfosi non avviene sullo schermo, ma coinvolge lo stesso regista. In pratica da Canadese si trasforma in Americano.
"A History of Violence" è in tutto e per tutto un film di stile "classico" e soprattutto un film molto americano, in quanto tratta tematiche da sempre centrali nel cinema di quel paese: il rapporto problematico e dialettico fra legge e forza, il tema della difesa individuale e il ruolo centrale della famiglia.
Nonostante che Cronenberg abbandoni il suo stile immaginifico, i temi cari legati alla commistione fra istinto primordiale e progresso tecnico, le situazioni estreme, le riflessioni sulla crisi delle identità e dei valori, riesce comunque a primeggiare, a trattare in maniera eccellente le strausate tematiche realistiche ed etiche del cinema classico. E' grazie soprattutto alla resa visiva molto elaborata ed elegante, al progredire della tensione e del coinvolgimento, al montaggio molto azzeccato e alla grande qualità delle interpretazioni.
I primi minuti mi hanno molto impressionato. L'apparente normalità, la calma, il distacco rendono il crimine e l'efferatezza qualcosa di insopportabile e che fa star male. Il montaggio che fa staccare direttamente sulla bimba del protagonista urlante, in tutt'altro contesto, è qualcosa di molto efficace. Si mettono così a contatto due situazioni estreme: una completamente negativa e disperante e l'altra molto positiva e armonica. C'è in effetti il pericolo dello schematismo anche se nel corso del film le cose si complicheranno e i confini fra i due mondi, fra bene e male, non saranno poi più così netti.
L'oggetto del film diventa così l'ossessione americana della giustificazione della violenza se a fin di bene, un modo per "legalizzare" il mezzo (altrimenti condannato e perseguito) se è legato ad un certo fine. Si creano appositamente degli oggetti e delle situazioni completamente negative (vedi l'episodio della prima sparatoria e la reazione violenta del figlio al bullismo) per far "accettare" e anzi salutare con gioia l'uso della violenza. Il pacifista e debole che è portato dalle circostanze a sparare e a uccidere è un tema centrale nel cinema americano (tema etico che spinto alle sue estreme conseguenze porta a giustificare le guerre in giro per il mondo e la pena di morte)
La natura istintuale e violenta affiora quindi dietro le apparenze e le belle intenzioni e questo inquieta e affascina allo stesso tempo. Inquieta in quanto non è facile venire a conoscenza di un passato scomodo e rendersi conto che quello che adesso è buono e pacifico è stato un tempo violento e prevaricatore (secondo me metafora della storia americana). Affascina perché trasforma l'ordinario in straordinario e l'uomo in superuomo. Il principale difetto del film è proprio il fatto che il protagonista la scampi sempre, grazie ad una serie di coincidenze e abilità provvidenziali che sembrano uscite da un film di Spielberg (anche lui molto legato all'istituto della famiglia). Il tranquillo e normale cittadino che si trasforma in una persona extra, piena di pregi e capacità, si riallaccia all'archetipo di Superman (in questo caso non si tratta di "superuomo", quanto piuttosto di "superborghese").
Cronenberg usa le figure del film classico in maniera comunque originale. Tom Stall è in qualche maniera molto simile a Michael Corleone, solo che a differenza di questo non intende assolutamente rinunciare allo stato di tranquillo borghese. Si vuole in qualche maniera anche contraddire il destino che John Ford destinava ai suoi eroi violenti e decisi, i quali per la loro natura di persone fuori dell'ordinario erano condannati a restare fuori del tranquillo cerchio familiare. Destino sancito poi dai film di Peckinpah. Cronenberg invece prospetta un tentativo molto combattuto, molto problematico, molto doloroso e incerto di convivenza reciproca e consapevole dell'ordinario e legale con il violento e il prevaricatore, il tutto avendo come riferimento imprescindibile l'unità familiare. E' secondo me una metafora dell'America al tempo della guerra in Iraq: consapevole delle proprie contraddizioni e profondamente lacerata e depressa, eppure legata e unita nella propria difesa, attaccata ai propri valori fondanti e cementata dal proprio senso di appartenenza.
Meraviglia che tutto questo sia stato fatto da un Canadese.