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A HISTORY OF VIOLENCE regia di David Cronenberg

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Gruppo STAFF, Moderatore Kater     9 / 10  07/01/2006 13:55:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nel cinema di Cronenberg vivono fondamentalmente due ossessioni: la fusione dell’organico-inorganico e del corpo in generale, vissuto spesso come estraneo o nemico (La mosca, Videodrome, La covata malefica) e la tematica del doppio in diverse sue accezioni (M. Butterfly, Inseparabili, Spider) Ed è proprio quest’ultima il tema portante del film.
Altra abilità di Cronenberg è il lento sprofondare dalla normalità all’incubo, questo prendere per mano lo spettatore e condurlo verso l’allucinazione (in alcuni casi anche troppo profondamente: Il pasto nudo) quando insomma l’episodio a volte eclatante, a volte quasi banale, stravolge il presente mostrandolo sotto nuova luce. Con Una storia di violenza Cronenberg torna ai “vecchi fasti” in un modo più sottile, con una regia pulita e una scena pervasa da un’inquietudine crescente. E’ il regista delle origini, quello capace di risucchiarti nella storia e di spiazzarti lentamente, quello che ti mostra quale abisso possa essere l’animo umano.
Come sempre tutto sembra normale: un uomo tranquillo (Tom), moglie, 2 figli, una vita ordinaria nella provincia americana. Un giorno due sadici criminali entrano nella tavola calda dove Tom lavora con l’intenzione di rapinarlo. Solo nel momento in cui la cameriera viene minacciata di morte Tom reagisce e uccide entrambi. Normale, palese: legittima difesa. Tom è un eroe. Un eroe chiaramente turbato dall’essere stato costretto a reagire alla violenza con la violenza. E qui comincia la discesa nell’animo di questa brava persona, qui Cronemberg comincia a fare girare gli ingranaggi dello scandaglio psicologico, attraverso il meccanismo del doppio. Tom viene riconosciuto da un boss criminale come Joy, un killer abile e spietato scomparso anni prima. Pian piano sfumano i contorni di Tom, buon padre di famiglia e onesto lavoratore, e si formano quelli di Joy, killer dal passato oscuro e violento. E mentre Tom-Joy cerca di mantenere salde le redini della sua nuova vita tutto intorno a lui si sfascia a causa dell’ambiguità che la sua persona assume. Solo lui sa chi è, o meglio cosa ha cercato di essere, ma il contrasto è così folle e forte, così antitetico, che le persone che lo amano, pur difendendo, non sono in grado di accettarlo. L’evento del presente stravolge anche il passato. Per la moglie, per cui lui era “l’uomo più buono che avesse conosciuto”, per il figlio, a cui è stato insegnato a non applicare nessuna forma di violenza, non è possibile l’accettazione di Joy, lato oscuro ed esasperato della persona che amano e che non riconoscono. A Tom non resta che uccidere “fisicamente” il proprio passato, cosa che aveva fatto, fino a quel momento, solo a livello psicologico. L’incontro con il fratello (l’ennesimo doppio) l’ultimo capitolo dell’uomo che fu (che è?) e un incontro in un’atmosfera irradiata di rosso. Un incontro “animalesco” in cui i due si annusano e strofinano, fino a riconoscersi. E Joy torna per l’ultima volta pienamente se stesso e riconosciamo il killer, libero dalla vita ordinata in cui si era rifugiato e dalla quale tornerà (o cercherà di tornare), lavato dell’altro io, a essere un altro se stesso. Ma nulla sarà più come prima.
La cosa veramente ammirevole, solita di Cronenberg, è il suo astenersi da giudizi morali. Non gli interessa dirci se il buono è meglio del cattivo (qui dipinti nei loro eccessi e di pari intensità) ma mostrare la trasformazione e polverizzare qualunque certezza. La sua è una vera analisi, per metterci davanti agli occhi il mutamento e i suoi possibili effetti. Di come se una cosa muta (Tom, ma sarebbe meglio dire affiora) tutto intorno muta (la moglie, il figlio) per via della percezione diversa che si ha dell’altro, che in sostanza non è cambiato, si è solo mostrato. L’attenzione di Cronenberg alla psicologia è sempre stata alta, ma qui torna ad essere anche dinamica. Il film è compatto e quasi essenziale, giocato molto più sull’interpretazione che sulla regia. Il volto di Viggo ricorda quello dei suoi personaggi migliori (Wood e Irons), scavato e dagli occhi malinconici e tormentati, e Harris e Hurt quando appaiono riempiono letteralmente la scena.
Da vedere.
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  07/01/2006 13:58:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi scuso per non aver premesso l'enorme spoiler che ho fatto.
Chiedo venia.
viagem  07/01/2006 15:10:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Beh, in fondo basta solo saltare il secondo capoverso...
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  07/01/2006 15:35:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
...e magari fare un carpiato con doppio avvitamento.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  28/01/2006 23:53:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eccelllente commento, niente da dire
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  29/01/2006 14:00:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Kow, sono lusingata. Volevo la rece per me ma qualcuno e poi "qualcun'altro" me l'ha soffiata. C. è uno dei miei registi preferiti, ammiro soprattutto i film pre "pasto nudo", ma devo confessare che non ho mai visto Crash...