caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

GRAVEYARD OF HONOR regia di Takashi Miike

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Tumassa84     9 / 10  20/01/2011 03:11:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Splendido. Io sono un profondo ammiratore di Miike e devo dire che in questo film egli ha raggiunto delle vette davvero notevoli. Non è il mio film preferito (amo di più il Miike folle di Gozu, Ichi o Visitor Q), ma da un punto di vista oggettivo è difficile trovargliene uno qualitativamente superiore all'interno della filmografia del regista. Tutta la pellicola è permeata di cattiveria, disperazione, angoscia; sicuramente si tratta dell'opera per così dire più marcia di Miike, rancida come il latte che Ishimatsu si costringe a bere per poter venire portato in ospedale e uscire così dal carcere.

La parabola discendente del protagonista ripercorre quella del Giappone, al punto tale che non è esagerato dire che Ishimatsu è l'antropomorfizzazione del Giappone stesso, ripercorrendone in modo simbolico le tappe della sua storia moderna. Innanzitutto, l'ascesa ai vertici della società yakuza è improvvisa e velocissima: da semplice lavapiatti passa nel giro di una sera a diventare uomo di fiducia di un potente capo-clan, il che ricorda il miracolo economico giapponese che nel giro di qualche decennio ha portato il Sol Levante tra le primissime potenze mondiali. Ciò però ha un prezzo, e così come lo scoppio della bolla economica fa sprofondare il Giappone in una recessione senza via d'uscita svegliandolo bruscamente da un bel (o brutto?) sogno, anche Ishimatsu scoprirà che il mondo intorno a sé è cambiato. La sua indole folle e inadattabile, tipica dei personaggi miikiani, fa il resto e così dopo aver tentato di uccidere il suo boss, egli si trova solo, senza speranza e via d'uscita con tutto il clan yakuza alle calcagna. Uniche consolazioni sono per lui la droga e l'amore per la moglie, altro personaggio tanto interessante quanto disperato e maledetto, quasi contaminato dalla natura e dal destino di Ishimatsu (a questo proposito è splendida la scena del bacio in cui le mani di lui le sporcano tutto il viso di sangue).

Quindi l'Ishimatsu disperato, senza possibilità di risalita e al degrado morale più totale è metafora del Giappone post-bolla, un Giappone dove più che crescere si cerca di non cadere troppo in basso, dove il sogno del miracolo economico si è infranto e al suo posto non vi è nulla. E significativo è il fatto che Ishimatsu decide di togliersi la vita, dato che nel Giappone contemporaneo l'alto tasso di suicidi, cresciuto esponenzialmente a fronte delle difficoltà economiche, è diventato uno dei problemi sociali più importanti. La scena del suicidio, poi, è forse la più bella di tutto il film: la scelta di dividerla in due e mostrare la prima parte all'inizio e la seconda alla fine del film è quantomai azzeccata, rendendo la pellicola ancora più chiusa e maledetta, privando protagonista e spettatore di qualsiasi speranza verso il futuro. Lo strabordamento di sangue, miikianamente assurdo, esagerato e surreale, rimane impresso perché in contrasto con i toni relativamente realistici del film; ed è altamente simbolico, come se con l'impatto Ishimatsu perdesse il sangue anche di tutte quelle persone morte per mano o per colpa sua.

Per finire, oltre alla regia perfetta e di alta classe di Miike, si fanno notare in positivo sicuramente le interpretazioni, su tutte quella da brividi di Goro Kishitani dal volto e dall'espressione perfetta per il ruolo, e la poetica e malinconica colonna sonora, con pianoforte, tromba e contrabbasso che ci accompagnano costantemente in questo lugubre percorso intriso di morte e disperazione.