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JU DOU regia di Zhang Yimou

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Thorondir     8 / 10  21/03/2024 15:33:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film che anticipa i temi e anche i toni (sia stilistici che visuali) del suo futuro cinema, come per esempio "Lanterne rosse". Yimou porta in scena un amore impossibile nella Cina conservatrice e rurale degli anni '20, bloccata dentro logiche mentali e sociali che permettono un lavoro servile de facto e l'acquisto di concubine come fossero cose. E in più la tipica violenza maschile sulla donna-oggetto. La scintilla dell'amore apre improvvisi momenti di speranza, di pace intima che non permette però di essere pienamente vissuta: quello tra Ju Dou e Tianqing è un rapporto che non può essere esibito, pena lo stigma sociale e forse la vita. Ecco quindi che la rottura di antichissime norme sociali e comportamentali consolidate sembra quasi produrre il prorompere di un male ancestrale, connaturato alle "radici" di quella Cina (altrimenti inspiegabile la figura del bambino, sorta di "dio" del male venuto a rimettere le cose dentro le logiche prestabilite). Così si rimette in moto un circolo vizioso sempre uguale a se stesso, ineliminabile (e non è un caso che la scena finale sia lo specchio di un'altra scena speculare di circa metà film ma con personaggi diversi). Insomma, dinamiche identiche per una struttura immobile del mondo rurale (ben esemplificata anche dai rituali degli "avi", con i morti a scandire, ancora, la vita dei vivi). Un Yimou palesemente politico, "documentarista" nel raccontare una Cina che all'inizio dei Novanta, con il consolidarsi del boom del dragone, sembrava lontanissima. E a immortalare questa storia di dolore e amore in bilico tra realtà e fiaba gotica orientale il neo-formalismo visivo di Yimou, così attento ad utilizzare i colori come estrinsecazione degli stati d'animo dei personaggi.