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OGNI COSA E' ILLUMINATA regia di Liev Schreiber

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     6½ / 10  17/12/2009 00:12:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un viaggio all’insegna della memoria: passando dalla scalinata di Odessa e dai McDonald’s sorti lì vicino, assistendo a un incidente automobilistico dopo il quale i due uomini coinvolti si mettono a fraternizzare spensieratamente in mezzo alla campagna, curiosando su sposi ancora vestiti con abiti da cerimonia che fanno visita a un cimitero.

Presentato a Venezia 2005 nella sezione Orizzonti, “Everything is illuminated” è esilarante e colmo di uno spirito un po’ irreale: abbiamo a che fare con una cagnolina “degenerata”, come viene definita, chiamata “Sammy Davis Jr. Jr.” e con un nonno che guida una Trabant il quale dice di essere cieco illuminando il nipote su verità assolute che sembra conoscere solo lui.
Recuperando a tratti lo spirito circense e improvviso di Kusturica, ci si perde volentieri tra la campagna e i paesaggi spettrali che richiamano alla mente Chernobyl. In mezzo, i contrasti e le divergenze etniche che segnano l’Ucraina di oggi.

Dopo la caccia agli anelli della trilogia tolkeniana, in questo film Elijah Wood è un ebreo americano che indaga sulle proprie estrazioni d’origine, che insacchetta ogni oggetto, cataloga meticolosamente tutto quello che trova, colleziona oggetti di famiglia in modo da ricordare ogni esperienza vissuta del passato.

Sorretto da una colonna sonora bellissima nella quale prevale una musica di stampo nomade, la soundtrack del film unisce pezzi della tradizione popolare dell’Europa dell’Est alle tracce create dal poco famoso Paul Cantelon.
Si aggiunga lo stile punk e ska di “Start wearing purple” dei Gogol Bordello (quando Jonathan Foer/Elijah Wood arriva alla stazione dei treni, trova la stessa band ad accoglierlo) e si può capire come lo score sia ottimo per le situazioni del film.

Incoraggiata da un’armonia di racconto vivace e dinamica, e da una regia che ha una soluzione brillante per ogni angolo che si trova a dover svoltare, la pellicola sembra essere indirizzata esclusivamente verso toni da commedia ma vira quasi inaspettatamente verso contesti molto più seri.
In effetti Liev Schreiber, attore ebreo di origini ucraine debuttante alla regia, è molto più a suo agio con i toni farseschi che con quelli drammatici e introspettivi. Il fatto che si sia voluto (e dovuto, visto che si tratta della trasposizione cinematografica dell'omonimo libro autobiografico di Jonathan Safran Foer) rivangare un passato storico doloroso senza ulteriori propositi burleschi non conferisce al film quella linearità auspicabile all’inizio, seppure i contenuti rimangano di tutto rispetto.

Perché, non dimentichiamocelo, ogni cosa è illuminata dalla luce del passato.