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ALLONSANFAN regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani

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amterme63     9 / 10  15/03/2008 20:59:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono rimasto molto colpito da questo film. Ha una storia molto interessante che fa riflettere, ma soprattutto è girato in una maniera incredibilmente bella. La fotografia è perfetta. Bisogna dire che si è fatto di tutto per far apparire le scene al meglio. Si sono scelti luoghi bellissimi, dalla Villa Adriana ai Sassi di Matera, passando per Castel del Monte e il lago d’Orta. Questi luoghi così famosi si integrano comunque benissimo nella storia, anche perché sono intervallati da altre scene di comune campagna di grande fascino, con una luce che vivifica o mortifica i colori (sempre molto intensi), a seconda dell’umore della scena. Le immagini risultano sempre molto “nitide”, solide, evidenti, nel senso dell’immediatezza e del rilievo del loro stimolo visivo e contenutistico. Sembra di avere davanti un quadro di David, e infatti la storia è ambientata proprio nei primi anni dell’800. Basta guardare poi le scene in cui le donne appaiono nude per vedersi apparire una Venere del Canova. C’è anche un personaggio che sembra il ritratto di Ugo Foscolo. Sono tutti stimoli estetici che si fondono e arricchiscono la storia e che non la sovrastano.
Ad aumentare il senso di “classico” e di “epico” che trasmette il film, ci pensano le musiche timbriche e corali di Morricone, le quali riescono sempre a dare grande rilievo a tutte le immagini. Si sente un po’ la presenza dello stile di Sergio Leone di “Giù la testa”. In ogni caso, il gusto “plastico” delle immagini era una caratteristica stilistica comune ai film dei primi anni 70.
La storia narra di Fulvio, un ex giacobino deluso dal fallimento pratico dei suoi ideali. La Restaurazione gli fa riscoprire il valore del “privato” (il calore della famiglia, l’affetto dei cari, il proprio figlio) e il fascino dei piaceri edonistici (la musica, il sesso, il carnevale). Vede adesso i suoi ex-compagni con occhi diversi, disillusi. Ne mette in rilievo tutti i difetti (ingenuità, distacco dalla realtà, inutilità del loro sacrificio) ma allo stesso tempo ne subisce ancora il fascino. Ne viene fuori un comportamento molto ambiguo e contraddittorio. I suoi ex compagni continuano a fare affidamento su di lui, che però non ha il coraggio di dire loro in faccia la verità. Si unisce controvoglia alle loro imprese per poi tradirli vilmente. Le scene finali ci fanno capire che forse Fulvio tradisce i compagni per rabbia, per ripicca verso se stesso che non riesce più a “credere”. Posto davanti all’illusione che forse il sogno si sia realizzato, finisce per cedere e “credere”, condividendo così la sorte dei compagni. Questo per dire che i sogni non moriranno mai, il loro fascino continuerà in eterno e la dicotomia entusiasmo/disillusione sarà destinata a riformarsi di continuo.
I registi cercano di non parteggiare per nessuna parte in gioco. Il rilievo è dato al personaggio di Fulvio e alle sue opinioni, però quando si tratta di ritrarre i compagni giacobini ecco che la mdp con i suoi primi piani ci rivela persone tutto sommato oneste, piene di nobili sentimenti, Persone con la P maiuscola, certamente più “simpatiche” e vive delle figure appartenenti alla Restaurazione.
Gli agganci con la realtà italiana del 1973/4 sono evidenti. Ormai era chiaro che la rivoluzione, così come era stata pensata nel 1968, non si sarebbe mai realizzata. Con chiarezza si mostra il destino di quel movimento: da una parte il ritorno al privato e il rifugio nell’edonismo, dall’altra la radicalizzazione e il distacco dalla realtà (il futuro terrorismo con le Brigate Rosse). Se ha un difetto questo film è secondo me proprio l’eccessiva invasione che ha il “moderno” nella storia. Certo, la storia si svolge in un contesto melodrammatico, ma le figure femminili sono fin troppo emancipate per l’epoca. I comportamenti dei personaggi sono forse troppo “attuali” e a volte stonano un po’ con il contesto della Restaurazione. Sono comunque difetti che si sopportano, vista la grande bellezza visiva di quest’opera.