caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

MALENA regia di Giuseppe Tornatore

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5 / 10  24/03/2007 01:43:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film simile avrebbe potuto, se realizzato diversamente e almeno 40 anni fa, essere un capolavoro.
Qualche critico ottimista parla di una rivalutazione del corpo-icona su modello delle maggiorate degli anni cinquanta, tirando in ballo Germi o film come "La città si difende".
In effetti, anche se lo script è un veicolo di bassa lega per il ridondante e pornografico moralismo (eh sì) di Tornatore, l'idea di "Malena" nasce da un'intuizione straordinaria: esibisce l'empatia della procacità radiosa e popolare nell'Italia del dopoguerra, e successivamente sembra volerla distruggere, come negazione della sua bellezza.
Il vero misogino del film è Tornatore, che seppellisce un corpo incantevole (quello della Bellucci) prima condannandola alla solitudine, poi negando ogni ribellione (al suo posto, minimo avrei ammazzato qualche concittadino) infine lasciandola privata di ogni forza davanti al linciaggio fisico di una bestialità di massa che lascia senza parole.
A parte il fatto che questo film è riuscito a farmi odiare alla follia (per poco piu' di due ore, diciamo) i siciliani, e già questo mi infastidisce, il risultato sarebbe stato straordinario se i presupposti di fare del personaggio ora iconostasi, ora feticcio, ora simbolo, ora peccatrice, ora agnello sacrificale, una donna con sfumature realiste, e non una bellezza evanescente e fatalista, quasi immaginaria nella sua via crucis.
Quanto al Tornatore regista, qui dà il peggio di sè, e proprio nel film che avrebbe potuto/dovuto interrompere quel suo insopportabile barocchismo, sfidare il manierismo da cartolina liebig, e indirizzarlo a qualcosa di diverso dalla "parodia dei parodianti" v. Carmine Gallone Augusto Genina et similia.

Lo stile surreale che pervade tutto il film trova una sorta di vitalità umanistica nel ragazzino, e in effetti Giuseppe Sulfaro è l'unico interprete degno di menzione. Convincente anche quando è costretto a impelogarsi in immagini quasi pedopornografiche, in parodie di film dove la sua "protetta" appare in diverse forme (escludendo o conciliando tutte le femminilità dell'immaginario?) , "preda" di un'amore acerbo che manifesta la propulsione autoerotica senza contraddire invero l'insolenza e lo squallore del moralismo popolare: sono sequenze (e purtroppo sono tante) che sconfinano nel ridicolo, gratuite non tanto nella loro volgarità, quanto nella pretesa di discernere il desiderio come forma di "protezione adolescente" che - guardacaso - è un'altra forma di possesso e di coercizione maschile.

Tornatore calca la mano come se volesse realizzare un Camp all'italiana (anzi, è questa l'intenzione) raggiungendo il massimo livello (si fa per dire) di imbarazzo e assurdità nella scena del processo, con un'avvocato viscido e dalle fattezze simili a Lino Banfi, mentre enfatizza l'assoluzione della sua cliente contro l'ignobile deriva benpensante di stampo Verghiano.

La cosa migliore del film, oltre alla lucida capacità del protagonista di essere credibile anche nelle vesti fotoromanzate piu' improbabili) - è chiara l'impronta felliniana di certi momenti di "Amarcord" e de "Lo sceicco bianco", soprattutto - resta percio' la sequenza dei bombardamenti aerei.

Patinatissimo, fotografato come un fotoromanzo tratto da un film di Mattoli, il film è ora sorprendente ora inguardabile, e resta una pessima esperienza registica, filtrata pero' da una fortissima disponibilità a rendersi proprio per questo immortale, iconografando "l'unica colpa della bellezza"
Invia una mail all'autore del commento emans  24/03/2007 10:04:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
sei stato anche troppo buono