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ORDET regia di Carl Theodor Dreyer

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julian     8½ / 10  10/09/2009 22:26:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nessuno con la testa a posto consiglierebbe Ordet ai suoi amici (dipende poi da che compagnie si frequenta) e, forse, non è neanche l'ideale vederlo con altre persone anche se, in confronto alla durezza di Dies Irae e soprattutto de La passione di Giovanna d'Arco, questo scorre via come un bicchier d'acqua. Ordet è il tipico film che va visto a tu per tu col televisore, da uomo a elettrodomestico, soli con i nostri pensieri, le nostre riflessioni, i nostri dubbi.
Ripeto: non lo consiglierei a nessuno, mi prenderebbero per pazzo, eppure è un pozzo senza fondo di interrogativi, un concentrato dei problemi filosofici su cui l'uomo, da secoli, si scervella.
Non è difficile ritrovare nel film l'essenza del pensiero di Kierkegaard, il padre dell'esistenzialismo dal quale, Dreyer, suo compatriota per giunta, è stato sicuramente influenzato in questa e in altre opere.
La fede la concede D.io oppure la si trova lungo il cammino della vita ?
E' naturale che, secondo la visione cristiana, se tutto è già predestinato, siano già predestinati anche coloro che otterranno o perderanno la fede. E' un primo paradosso. Ancora, come ha potuto un'essenza metastorica e trascendente come D.io manifestarsi nella storia incarnandosi in uomo ?
E' il secondo paradosso. E la fede è piena di questi paradossi, di queste contraddizioni di fondo incolmabili e irrisolvibili. Tuttavia, come lasciava capire il famoso motto di Tertulliano "Credo quia absurdum", il credente deve abbandonare la strada della razionalità ed accettare i dogmi e anzi averne fede proprio in ragione della loro assurdità.
Kierkegaard ce ne offre un limpido esempio con la storia di Abramo, vissuto per decine d'anni secondo la legge dell'etica, e pronto, per fede, ad uccidere suo figlio in seguito a un ordine di D.io.
Tutto questo, impossibile negarlo, ha un che di affascinante. Ognuno di noi, nella propria interiorità, si è ritrovato almeno una volta immerso in simili meditazioni senza venire a capo di niente. E' più forte di noi: è, come dice Kant nella Critica della ragion pratica, un bisogno connaturato al nostro essere.
Dreyer racchiude i suoi pochi personaggi in un claustrofobico interno che poche volte si apre a rivelare una spoglia landa, spazzata perennemente dalla bufera. E' indicativa solo l'ambientazione: ciascuno dei personaggi si prepara a un tormento interiore, ma è la fede -perduta, non soddisfatta, non condivisa o ritrovata- a muovere tutte le mosse.
Johannes è il sopracitato Abramo di Kierkegaard: un uomo (o forse qualcosa di più ?) che ha fatto il salto e che guiderà verso la stessa strada tutti gli altri.
L'ho considerato una lezione di filosofia e teologia di 2 ore, piacevole, intensa e profonda. Di sicuro più piacevole di quelle che passavo in classe...


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julian  10/09/2009 22:29:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ragion pura, ragion pura...
Tony Ciccione90  11/09/2009 01:47:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Qualche pazzo che lo consiglierebbe c'è, pensaci bene..
julian  11/09/2009 03:20:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uno dei Testa dici ?