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ORDET regia di Carl Theodor Dreyer

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Ciumi     9½ / 10  11/07/2009 12:26:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come ci apparirebbe oggi la discesa al mondo del figlio di Dio? E la sua parola, il verbo, come l’accoglieremmo?
Johannes è un figlio demente, caduto nella follia dall’arditezza dei troppi studi teologici, un’anima che s’aggira spettrale tra le stanze della casa ove, sospese in interni d’austero splendore, s’intrecciano amore, nascita, morte, differenti credi. Le sue parole sono gli sterili vaneggiamenti d’un povero allucinato. La luce che vede, i fari di un’automobile che si riflettono dentro la stanza.
Ma la fede d’una nipotina cambierà le cose. Resusciterà il figlio di Dio. Durante la veglia alla madre morta della bambina, in un bagliore d’immensa commozione, apparirà egli dall’ombra; pronuncerà il semplice verbo; ed ella si rialzerà dalla bara! L’amore può sconfiggere la morte.
Invia una mail all'autore del commento wega  22/08/2009 20:14:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ok, visto i precedenti, e avendo appena visto "La Doppia Vita di Veronica" tu devi essere il mio doppio da qualche parte. Accidenti io ad esempio mi son sempre detto "maddai, se qualcuno si annunciasse il figlio di Dio oggi, lo prenderebbero tutti per scemo, quindi perché tutte le nonne ci credono che sia successo 2000 anni fa? Eh? Nonna?"
Ciumi  23/08/2009 13:43:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anch’io sin da subito ho trovato diverse affinità tra ciò che mi aveva trasmesso un film e ciò che ne scrivevi… infatti i primi commenti che ho letto appena iscritto a Filmscoop erano i tuoi.
Eh, ‘ste nonne, bisognava sempre assecondarle…
ULTRAVIOLENCE78  23/08/2009 11:08:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Però diciamo anche le cose come stanno: per quanto grandi nella loro costuzione diegetica e formale, le opere di Dreyer, così come quelle di Kierkegaard, sanno molto di stantio e retrivo (peraltro ORDET è la pedissequa trasposizione di TIMORE E TREMORE). E forse io sono stato fin troppo indulgente nel giudizio... Caso vuole che stia per ultimare la lettura di AUT AUT: 200 pagine per esprimere ossessivamente lo stesso concetto sull'etica (di natura religiosa) che assorbe in sè e supera l'estetica. Se ancora oggi ci ritroviamo ad osannare opere come queste (mentre il nichilismo viene assimilato al nazismo), allora Ratzinger può stare tranquillo.
Ciumi  23/08/2009 13:46:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per poter rispondere in maniera esauriente a questo tuo intervento, dovrei perlomeno conoscere il pensiero di Kierkegaard. Purtroppo non ho mai letto nessuna sua opera. Posso però valutare, per quanto mi compete, l’opera di Dreyer, alla cui indiscutibile modernità formale si contrappone - dici tu - un'arcaicità dei contenuti. La sensazione può essere comprensibile, ma a mio avviso un po’ limitativa. Ripeto, non posso entrare completamente nel merito del confronto tra Dreyer e la filosofia di K, ma nel pensiero espresso dal regista danese non avverto un senso di staticità o d’adeguamento passivo: scorgo bensì una ricerca mistica, che ruota sì attorno ad un nucleo ben preciso a cui mira e che prova a centrare, ma davanti al quale mi sembra non si adagi.

Credo inoltre che quello di Dreyer non sia l’unico caso. Lo stesso Bergman immagino abbia attinto molto da questo filosofo. Definisci allo stesso modo l’opera di Bergman stantia e retriva?

ULTRAVIOLENCE78  23/08/2009 16:33:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dreyer e Kierkegaard vanno a braccetto.
In realtà, di là dai meriti tecnici, molti degli autori classici (Bergman incluso) andrebbero rivisti e rivalutati, il che ne può implicare anche un ridimensionamento: è quello che sto facendo io negli ultimi(ssimi) tempi, re-visionando opere che all'epoca mi parevano grandiose e indiscutibili e che oggi, alla luce della mia attuale linea est-etica, destano in me non poche perplessità. Perfino 2001 di Kubrick, assolutamente incommensurabile e insuperato sotto il profilo visivo, per quanto concerne il concetto primario che veicola lo trovo oggi opinabilissimo.
Forse proprio l'esperienza artistica di Bresson è a tal proposito paradigmatica: gli ultimi suoi due film costituiscono una sorta di abiura rispetto alla sua precedente produzione e un ribaltamento degli intenti. Per essi mi sono mantenuto su un 8 di media, ma se mi fosse possibile darei già un voto più alto a L'ARGENT.
Spero di essere stato esauriente, alla prossima.
Ciumi  23/08/2009 19:27:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei stato molto chiaro, e credo che il tuo proposito di rileggere, arricchito d’una nuova consapevolezza critica, l’opere ritenute “incontestabili” di alcuni registi classici, sia apprezzabile. Io stesso considero l’opera di certi registi decisamente sfiorita. Soprattutto nomi appartenenti alla vecchia Hollywood (Ford, Hawks, Cukor, sono i primi che mi vengono in mente). Difficilmente invece in percorsi tanto profondi come quelli di Dreyer e Bergman, ho riscontrato tale appassimento.

Non vorrei annoiarti troppo, ma sarei curioso di chiederti se puoi dirmi qualche esempio di regista classico la cui opera, a tuo parere, non abbia subito questo processo di decadimento.

ULTRAVIOLENCE78  24/08/2009 16:20:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quelli che hai citato tu sono tutti da rivedere al ribasso per le loro semplicionerie. Di Bergman trovo ancora validissimo IL SETTIMO SIGILLO. Dreyer, come avrai capito, lo considero esecrabile dal lato dei contenuti. In ogni caso, cercherò -come sempre d'altronde- di mantenermi equilibato nei giudizi, tenendo conto di tutti gli aspetti positivi delle opere di questi autori o presunti tali; nel contempo, però, per onestà intellettuale non mi esimerò dall'esprimere critiche e perplessità su tutti quegli altri (aspetti) che ritengo censurabili.
Sulla tua domanda finale: non c'è un regista (classico e non), la cui opera intiera mi soddisfi pienamente: ti posso dire, ad es., che ritengo alcune pellicole di Bresson esemplari nella loro essenzialità. Di Chaplin trovo ottimo VERDOUX, mentre il resto della produzione oggi mi fa un "pò sorridere" per la sua intrinseca ingenuità.
Ho visto che hai commentato ELEPHANT: un altro film che ho riconsiderato, ma al rialzo questa volta: un capolavoro, forse ancora più incisivo de L'ARGENT, con il quale ha moti punti in comune.
Preferisco, a questo punto, scoprire opere recenti (come ELEPHANT appunto) piuttosto che fare "il criticone" nei confronti degli "untouchables": a tal proposito, t'invito a visionare -se non l'hai già fatto- THE BUTTERFLY EFFECT: un film che, al di là delle sue pecche nella sceneggiatura, ha un potenziale enorme se lo si rapporta al finale alternativo, omesso dalla Casa di produzione.
ULTRAVIOLENCE78  24/08/2009 16:31:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A quella combriccola di registi, che hai citato tu, aggiungi pure Capra, la cui "wonderfull life" si pone come l'esatto contraltare a B.EFFECT. Ci sono cascato anche io: oggi non gli darei più di 6.

Ciao
Davide
Ciumi  24/08/2009 17:40:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ok Davide, grazie per i chiarimenti e il consiglio di "B. EFFECT", ho letto la trama e il tuo commento, e sembra intrigarmi, lo scaricherò sicuramente.
A presto.