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IO SONO UN EVASO regia di Mervyn LeRoy

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9 / 10  07/02/2006 14:34:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' indubbiamente il miglior jail-movie della storia, uno script che a Hollywood doveva constare quantomeno l'iscrizione del regista nelle black list del senatore McCarthy, ma evidentemente (buon per lui) non è stato così. Ferocissimo atto d'accusa alla giustizia e all'estabilishment americano, che condanna un uomo a scontare la pena di una vita per qualcosa che non ha invero commesso. Ma è anche un'opera che paga il debito verso una cultura americana che recide il giustizialismo (apparentemente) per offrire al "pregiudicato" l'unica via d'accesso alla libertà, la scalata sociale (o il sogno americano). Con la conseguenza che LeRoy usa questo "compromesso" per liberarsene a suo modo, e sfruttarlo ancora di piu' nelle vesti di censore liberal(e) dell'ingiustizia legislativa.
Opera straordinaria anche in funzione della realtà sociale di cui parla, Paul Muni (eccezionale) sembra uscito dalle pagine di "this land is my land" di Woody Guthrie, e dell'america di Steinbeck.
Sconvolgenti le immagini dei detenuti in catene che marciano verso un'(in)esistenza sempre piu' dura, e memorabile la mdp che proietta nel volto di Muni tutta la ribellione, la rabbia, la disperazione di un'appello sordo alla clemenza.
Particolarmente "hollywoodiano", ma in linea con i tempi, la figura di una donna fatale e di facili costumi che arriva a tradire il suo amante, e a consegnarlo alla polizia. Sembra un clichè dell'epoca, magari misogino, ma non è casuale: i maggiori gangsters di Chicago furono all'epoca denunciati dalle loro amanti, in cambio di compensi e pubblicità.
Serrato vigoroso e lucido quanto una requisitoria del nostro Beccaria, esprime bene tutto il malessere del protagonista, fino a quello sconvolgente finale dove la "giustizia si priva della sua ragione di vita, e invita chi la subisce a disconoscere l'onesta".