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VOGLIAMO VIVERE regia di Ernst Lubitsch

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dobel     10 / 10  31/08/2009 12:04:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Peccato non si possa dare, in certi casi, più di dieci.
Questo film è un capolavoro: lirico, commovente, esilarante, tragico, comico...
Certe trovate fanno parte della commedia degli equivoci di travestimento. Altri momenti hanno l'amarezza di chi ha dovuto abbandonare patria e parenti e ha lasciato i propri beni in balia di una forza folle e omicida.
Una materia così densa e ricca di significati scottanti (siamo nel 1942, la Polonia era stata invasa solo tre anni prima e ci si stava avviando verso i momenti in assoluto più tragici della guerra), viene trattata con una sensibilità, una leggerezza di tocco ineguagliabili. I messaggi e gli appelli all'umanità non vengono mai urlati, ma sempre lasciati cadere come per caso e lasciati sedimentare nella coscienza di ognuno. Il filtro dell'arte viene fatto sentire come rare volte è stato dato di assistere. L'utilizzo di Shakespeare e delle battute del 'Mercante di Venezia' è commovente; così come assolutamente commovente è lo scambio di battute dei due attori con le pale in mano nella neve che lamentano di aver potuto portare nella loro precedente carriera solo delle alabarde da comprimario. Poi, dopo aver guardato le pale che reggono ora fra le mani, sospirano sconsolati: 'chissà se un giorno potremo tornare a portare le alabarde!' .
L'ho rivisto per l'ennesima volta ieri sera, e ancora una volta non senza qualche lacrima.
roy d'arcy  03/09/2009 20:58:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
sono d'accordo, è un film grandissimo. Tratta la tragedia con apparente leggerezza, ma proprio per questo il trasformare i nazisti in buffoni ridicoli li rende ancora più sinistri...a rivedere To be or not to be mi viene in mente per contrasto la mediocrità di un film come la vita è bella, per me pessimo. Ti consiglio di leggere un articolo sul corriere della sera di qualche giorno fa, in cui un giornalista americano scrive sull'incapacità di fare commedie oggi, un 'epoca in cui l'argomento "impegnato" è scambiato per grande cinema
dobel  04/09/2009 08:19:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono perfettamente d'accordo con te sul film di Benigni. Lo volevo anche citare nel mio commento, poi ho lasciato perdere; ma di fronte al film di Lubitsch quello di Benigni si rivela in tutta la sua mediocrità.
Grazie dell'indicazione dal 'Corriere'.
Ciumi  02/09/2009 18:33:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Delizioso e commovente "Vogliamo vivere" di Lubitsch. Ma non volevo parlarti di questo film. Intendevo invece consigliarti (a tal proposito sto rompendo le balle un po' a tutti) un film d'animazione che non aveva ancora commentato nessuno; e ciò mi ha molto stupito, perché credo sia uno dei più belli (e poetici) mai realizzati. S'intitola "Il racconto dei racconti" di Norstein.
Se ancora non l'hai visto e vuoi fartene un'idea, puoi trovare qualcosa su Youtube con il titolo in inglese "Tale of tales". Comunque su Emule lo dovresti trovare.
Se ho intuito i tuoi gusti, sono convinto che ti piacerà.
dobel  03/09/2009 13:22:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Pensa che Thomas Mann considerava il cinema indegno di essere annoverato fra le arti (benché ne fosse un grande appassionato), proprio perché induce alla commozione. L'arte, per Mann, deve solo suscitare ammirazione e riverenza. O come dice Milton "qui non è più ragion di far pianto o lamento né di battersi il petto".
Ciumi  03/09/2009 18:17:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bo, forse Mann era semplicemente un po' invidioso delle potenzialità della settima arte. Comunque anche la letteratura ha fatto spesso commuovere.
" m'insegrarono alfin pianger d'amore" (sempre il Foscolo).
dobel  03/09/2009 19:39:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Già...
Ciumi  04/09/2009 07:10:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Inoltre, è sempre esistito il teatro, che in quanto a commozione…

“L'uomo che non ha alcuna musica dentro di sé, che non si sente commuovere dall'armonia di dolci suoni, è nato per il tradimento, per gli inganni, per le rapine.” Shakespeare.

dobel  04/09/2009 08:57:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Probabilmente Mann non aveva ancora intuito la completezza del cinema. Io credo che abbia soppiantato, a livello di produzione e di spettacolo di massa, l'opera lirica. Non credo che sia una coincidenza il fatto che la grande produzione lirica si arresti proprio nel momento in cui il cinema si affaccia alla ribalta. Mann, grande conoscitore e studioso del melodramma romantico (amico e corrispondente fra gli altri di R. Strauss, B. Walter, A. Toscanini...), sentiva questa progressiva sostituzione e forse la tollerava di malavoglia. Quindi dobbiamo contestualizzare la sua posizione; inoltre forse dobbiamo intendere cosa intende lui per commozione. In effetti nel suo articolo sul cinema, lo scrittore, lo distingue dall'arte in quanto il cinema è vita e realtà e i suoi effetti sono quelli che la vita e la realtà esercitano sullo spettatore.
Il cinema racconta per immagini; ciò che vi è impresso è passato e questo, per Mann, è racconto. Il cinema si basa sulla tecnica del ricordo. Per essere assimilabile al teatro poi è troppo reale: le decorazioni teatrali sono di carattere spiritualmente illusionistico, le scende di un film sono reali e naturali.
Ma il discorso centrale di Mann è quello sulla natura dell'arte: "L'arte è una sfera fredda, si dica ciò che si vuole: essa è un mondo di spiritualizzazione e trasposizione su un piano più elevato, il mondo dello stile, della scrittura individuale, della forma inimitabile, un mondo oggettivo, un mondo razionale (-essa proviene dall'intelletto- dice Goethe), significativa, eletta, casta e serena, e la commozione che essa suscita in noi è severamente mediata: siamo a corte, non possiamo lasciarci andare. Al contrario, una coppia d'innamorati sullo schermo, due giovani di stupenda bellezza, che in un giardino vero, la cui erba ondeggia al vento, si dicono 'addio' per sempre, con un accompagnamento musicale composto dei più teneri e suadenti motivi che si possano trovare... chi vorrà resistere a ciò, chi si rifiuterà di lasciare voluttuosamente scorrere il pianto? Questa è materia grezza e non filtrata, è vita in primissima, calda e cordiale istanza, fa lo stesso effetto della cipolla e dell'elleboro, la lacrima mi solletica al buio, e dignitoso e inosservato io me le asciugo sullo zigomo con la punta del dito".
Scusa, ma non potevo fare a meno di trascrivere fedelmente quello che Mann sostiene.
Per prendere posizione comunque devo meditarci ancora un po'. D'istinto sarei propenso a dargli tendenzialmente torto, anche se non su tutto. Io credo che la commozione venga stimolata dalla bellezza, e il cinema ha prodotto molta bellezza. Di fronte a certe scene di Chaplin, spesso stilizzate e tutt'altro che realistiche, sento la commozione come la sento di fronte a certe pagine di Brahms o Mozart, o Dante o Leopardi, o Bach e Verdi. Quindi non saprei... E' anche vero che la grande arte lascia per lo più senza fiato... Ne riaparleremo, devo chiarirmi meglio le idee.
Credo comunque che tutto ciò abbia a che fare con la forma.
Anche nella musica, quando la forma diviene sempre più libera e l'educazione comincia ad essere più tollerante (pensiamo al verismo per esempio), la commozione è più facile. Ci commuoviamo più facilmente di fronte alla 'Cavalleria rusticana' di Mascagni che di fronte alla 'Missa Solemnis' di Beethoven... ma che differenza inconcepibile di grandezza fra le due composizioni. Così, magari, una canzone particolare ci solletica la lacrima più della 'Passione secondo Matteo' di fronte alla quale rimaniamo veramente senza fiato. Certamente la commozione non deve essere il termometro per misuare la grandezza di un'opera d'arte, ma nemmeno deve discriminarla in senso negativo.
Comunque sono d'accordo anch'io con Goethe, ma su un'altro principio da lui asserito: non mi commuove il dramma, né la tragedia; non il sangue o le lacrime; ma mi commuove profondamente la bellezza... e questa, io credo, la troviamo anche al cinema.
A presto.
Ciumi  04/09/2009 17:55:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che la commozione che un opera d’arte possa suscitare in noi sia severamente (termine che non mi piace) mediata, è un concetto che posso condividere. Che non può essere il solo parametro per misurarne la grandezza, ma nemmeno deve discriminarla in senso negativo, come hai osservato tu, lo condivido ancora di più.

E poi credo che l’arte sia un mondo sì razionale (e che abbia indubbiamente origine dall’intelletto), come asserisce Mann, ma proprio per questa sua virtù intellettuale sia maggiormente votata ad esplorare la sfera del non conoscitivo, del sentimento, dell’irrazionalità. Se si pensa alla pittura contemporanea, ad esempio, al suo intento di superare i canoni di bellezza classica (senza però mai prescindere da essi) per recuperane le espressioni più spontanee del sentimento, o a quei pittori (Chagall ne è l’esempio più limpido) che hanno studiato il mondo dell’infanzia per ritrovarvi la purezza e l’irrazionalità d’espressione, cercando di liberarla il più possibile d’ogni sorta di compromesso o contaminazione intellettuale; anche quella è commozione, è elevazione intellettuale, e suscita bensì ammirazione e reverenza. Ma non vedo perché (e qui mi riferisco al tuo precedente intervento) una cosa debba escludere l’altra. Insomma credo che un’opera d’arte non debba certo aver l’effetto della cipolla o l’elleboro (per carità), ma nemmeno limitarsi d’essere una mera riflessione concettuale o peggio psicoanalitica che generi tutt’al più stima e ammirazione.
Poi bisognerebbe avere ben chiaro a cosa alluda Mann quando parla di commozione, io la intendo soprattutto elevazione del cuore, del sentimento, dell’intelletto; non certo la lacrima. E d’accordissimo con te (e quindi con Goethe) sulla bellezza.

Che poi l’arte sia un mondo oggettivo è vero anche questo. Ma a noi, che siamo individui, che viviamo la vita unicamente in noi stessi, l’oggettività, infondo, non dovrebbe troppo interessarci.
Infine tutta la perplessità di Mann sulle potenzialità del cinema proprio non la comprendo.
Scusa se mi sono dilungato e sono uscito un po’ fuori contesto
Ciao, a presto

dobel  05/09/2009 09:46:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Posso dire di trovarmi d'accordo con te su quello che dici. Tieni presente che io riportavo solo la posizione di Mann e cercavo di capirla e interpretarla, e non la mia personale posizione.
Per quanto mi riguarda credo che l'arte abbia a che fare con la trascendenza (ossia con l'indicibile, con ciò che travalica i confini del concetto puro ma attinge a sfere che non hanno nulla a che fare con la conoscenza), con la sublimazione (ossia riesce a rendere elevato e sublime anche un argomento di per se prosaico) e la trasfigurazione (ossia può cambiare luce e forma a qualsiasi cosa, fosse anche la più ordinaria).
Difficile dire che cosa sia quel qualcosa che trasforma un nulla in un'opera d'arte. Penso non sia razionalizzabile. Se l'arte appartiene alla sfera dell'intelletto in quanto il creatore deve attingere alla proprie conoscenze e ad una tecnica per provocare un determinato risultato, è anche vero che il fruitore non necessita di alcuna preparazione intellettuale o culturale per goderne (seppure ad un primo stadio). La mediazione razionale diviene necessaria qualora si presenti l'urgenza di un'esegesi. Ma ci sono persone in grado di godere pienamente di un'opera d'arte (anche se ad un livello unicamente emozionale) che hanno solo la terza elementare. Non credo tuttavia che il loro godimento debba essere meno profondo e alla fine meno proficuo di quello di un professore. Per cui se il creatore deve attingere alla sfera delle conoscenze razionali, il fruitore non necessita della stessa preparazione. Per questo credo che alla fine non possiamo dire cosa sia l'arte o cosa trasformi in arte quell'aglomerato di suoni che costituiscono una sinfonia, quella serie di immagini che costituiscono un film, o quell' insieme di parole che costituiscono una poesia.
E' una luce che si accende e nemmeno noi sappiamo il perché (in fondo nemmeno l'autore, che spesso arriva all'arte in opere nelle quali non credeva mentre in quelle che sentiva maggiormente riesce al massimo ad arrivare alla dimostrazione accademica o al trattato). Cosa è l'arte? Da cosa scaturisce? Cosa provoca? A mio avviso sono tutte domande senza risposte definitive e determinate. Ogni risposta è plausibile se corrisponde ad una nostra necessità. O come diceva Laforgue: "l'arte è così grande, e la vita così breve". In effetti non possiamo esaurire il concetto di arte in quanto l'arte non appartiene alla sfera dei concetti, ma a quello delle emozioni. Tant'è che chiunque può goderne, appunto. Il dotto godrà anche dell'aspetto intellettuale, ma lo sprovveduto non è escluso dalla schiera dei suoi fruitori.
Le varie discipline poi attingono a fonti differenti, per cui la musica, ad esempio, a differenza della poesia, non è un linguaggio e quindi 'non ha contenuto'. Se il linguaggio si serve di un codice attraverso il quale può esprimere concetti determinati, la musica si serve di un codice che non esprime alcunché di determinato. Quindi la musica manca di una parte essenziale per divenire linguaggio (forse è per questo che può raggiungere una universalità particolare e viene utilizzata anche come terapia, per esempio, verso chi non ha l'uso del linguaggio).
Quante parole inutili! Non so nemmeno io dove voglio andare a parare, magari riusciremo a mettere un po' di ordine più avanti.
Per farla breve, come anche tu convieni, la commozione o la non commozione è solo una reazione personale che possiamo avere di fronte a talmente tante cose e per i motivi più svariati che mi sembra veramente riduttivo doverci privare di essa di fronte all'arte.
Leopardi stesso (in uno dei rari commenti musicali riscontrabili nel suo lascito epistolare) dice di essersi commosso fino alle lacrime di fronte ad una rappresentazione della 'Donna del lago' di Rossini.
Non è che quello che dice Mann sia oro colato; ma è senz'altro spunto per delle chiacchierate costruttive e piacevoli, costringe a riflettere un po' più a fondo sulle cose, e questo è solo positivo.
Alla prossima.
Ciumi  05/09/2009 10:11:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anch'io mi trovo pienamente d'accordo con le tue considerazioni, ed è davvero piacevole discutere con te;
magari più avanti, come dici tu, riusciremo a "puntellare le nostre rovine" (dato che hai citato Laforgue, direi che Eliot ci calza a pennello).
A presto.
dobel  03/09/2009 09:07:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie mille, cercherò di procurarmelo.