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IL PELLEGRINO regia di Charles Chaplin

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amterme63     8½ / 10  24/09/2008 14:02:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L’ultima opera girata per la First National è il mediometraggio The Pilgrim (Il Pellegrino), uscito nelle sale nel febbraio del 1923. Si tratta di un’opera di discreto valore artistico, molto più curata di quelle precedenti. E’ una satira molto gustosa della provincia bigotta americana con i suoi devoti tronfi, brutti e ridicoli. Con i mezzi comici si riesce a mettere in evidenza la contraddizione che c’è fra l’essere e l’apparire in questo tipo di società. La storia è ambientata in Texas e in molte scene si fa sentire l’atmosfera del genere western.

Anche qui si inizia con il vagabondo che evade dalla prigione. Soprattutto in questa comica sorge spontanea la domanda, cosa diavolo può aver combinato un’anima candida e onesta come quella del vagabondo per finire sempre in prigione. Evidentemente si vuole suggerire fra le righe che il sistema giudiziario americano degli anni Venti è profondamente ingiusto, oppure prevenuto verso un certo tipo o strato sociale di persone. Nel finale si cerca però di smorzare questa impressione.
Il vagabondo non ci sta certo a subire la mancanza di libertà e una volta evaso ruba i vestiti ad un sacerdote che stava facendo il bagno, recandosi poi nella comunità di cui doveva diventare il nuovo parroco.

L’arrivo alla meta non è tranquillo. Ci sono poliziotti dappertutto e nonostante il travestimento da prete, il vagabondo si sente sempre un evaso. Questa dicotomia esce fuori alla grande nella scena della funzione religiosa, che il vagabondo officia naturalmente a modo suo. Con l’inesperienza mette in ridicolo tutti i gesti strani che fanno i devoti, poi dalla sua espressione si desume che i canti siano stonati e infine crea scompiglio facendo alzare e sedere in continuazione la gente.
Ovviamente non poteva mancare la questua, che il vagabondo segue con occhio molto interessato facendo vedere che è la parte più importante della funzione.
La perla del film però è la predica (l’episodio biblico di Davide e Golia) che il vagabondo recita come se fosse una pantomima, trasformando la chiesa in un palcoscenico teatrale, qualcosa di allegro in qualcosa di serio. Un bambino è l’unico che apprezza applaudendo alla bravura, mentre gli adulti restano sbalorditi. Per certi versi anticipa la scena della passerella di moda nel film Il piccolo diavolo di Benigni.

Altra parte importante del film è la scena del thè nella casa in cui il vagabondo/reverendo viene ospitato. Viene invitata una famiglia tipica composta da mamma, occupata solo a spettegolare, padre, tutto impomatato e altero, e infine dal bambino viziato e pestifero, il quale ne combinerà di tutti i colori, soprattutto al cappello del padre. Si tratta di una satira del piccolo-borghese che tornerà più cattiva e puntuta in Monsieur Verdoux, mentre il bimbo pestifero riapparirà in Un re a New York.

Nel finale il vagabondo viene scoperto, ma rivela il suo animo fondamentalmente onesto e gentile, riparando al furto di un suo ex compagno di carcere nei confronti della famiglia che lo ha ospitato. Stavolta però il suo gesto paga. Per la prima ed unica volta nei film di Chaplin, la legge transige alle sue regole ferree per venire incontro ad un povero diavolo. Lo sceriffo che lo dovrebbe riportare in cella, lo conduce invece al confine con il Messico e cerca di farlo scappare. Il vagabondo non riesce proprio a concepire che un uomo di legge possa fare questo e si comporta in maniera paradossale, facendo l’iperonesto (o forse l’ingenuo). Lo sceriffo lo deve proprio spingere con un calcio al di là del confine. Il vagabondo gioisce della libertà, si guarda però intorno e vede solo una landa desertica, per di più infestata dall’anarchia con bande che si affrontano fra di loro a pistolettate. Ecco che allora ritorna di corsa verso gli U.S.A., ma essendo lì un ricercato risolve il problema camminando a cavallo del confine: un piede negli Stati Uniti e l’altro nel Messico.
Un finale molto bello che si presta a mille interpretazioni: lo scarso nazionalismo del vagabondo, la difficoltà di vivere in qualsiasi stato della terra, l’assurdità dei confini sono solo alcune. Ognuno è libero di pensarla come vuole.