Dom Cobb 6 / 10 28/10/2018 19:53:06 » Rispondi Un ballerino sul viale del tramonto viene persuaso da alcuni suoi amici a tentare una rinascita professionale partecipando a uno spettacolo teatrale; l'unico problema è che il regista, nel tentativo di rendere lo spettacolo "vera arte", lo sta stravolgendo da cima a fondo... Gli anni cinquanta rappresentano non solo l'evoluzione di un genere che aveva avuto i natali all'alba del sonoro, ma anche una seconda occasione per alcune delle star di quel primo periodo, e in particolare per il maestro della danza Fred Astaire. Su di lui e sulla banda di eccentrici personaggi che finiscono per circondarlo è cucito su misura questo lungometraggio, che di per sé si rivela uno specchio della realtà: come il suo protagonista, anche questo film era pensato per dare ad Astaire una chance di rimettersi in gioco, tentativo coronato dal successo visti i buoni incassi e la continua presenza di Astaire sul grande schermo negli anni successivi. Successo a parte, però, il film in questione ad oggi perde molti colpi rispetto al passato. Non che manchino gli ingredienti necessari a creare un grande musical, anzi: dal contesto teatrale che strizza l'occhio alla struttura dei primi musical a numeri di canto e danza sparsi lungo tutta la durata, un Technicoloro sfavillante come al solito e un'atmosfera leggera e scanzonata anche nei momenti più seri. Il talento messo in campo è evidente, e si vede che gli attori si sono divertiti un mondo a collaborare a un progetto simile, che permette a ciascuno di loro (a un vecchio Jack Buchanan in particolare nel ruolo del regista invasato) di dar sfoggio delle loro capacità più o meno istrioniche. I numeri musicali, da questo punto di vista, rappresentano il fiore all'occhiello del film.
I tre protagonisti che si esibiscono vestiti da neonati ballando sulle ginocchia per sembrare più bassi è forse la parte più brillante; nella sua stranezza, si ricorda anche il numero finale dove viene raccontata una storia a tinte noir a passi di danza.
Detto questo, però, non posso dire di aver apprezzato molto altro, e la cosa mi dispiace: nonostante la simpatia di Astaire e compagnia, la sceneggiatura non offre guizzi particolari e si limita a seguire un canovaccio basico, prevedibile e privo di interesse, niente più di un labile collante fra un numero musicale e l'altro;
I grandi numeri di danza vengono inseriti tutti all'interno di un montage ininterrotto che suppongo dovrebbe costituire il climax della vicenda, se non fosse che esso non viene introdotto o anticipato in alcun modo, come se l'intera sezione della preparazione al grande evento che lo precedeva sia stato tagliato. E per quanto ben fatti siano quei numeri, la parte migliore e più memorabile resta l'arrivo di Fred Astaire in città e il suo incontro con il shoeshine.
non ne farei un dramma se almeno le canzoni fossero memorabili o trascinanti, ma purtroppo non è il caso: tutte loro si riducono a melodie carine, che però entrano in un orecchio ed escono dall'altro. E per quanto questi siano godibili e ben fatti, con coreografie notevoli e una gran mole d'impegno messi in campo, manca la scintilla necessaria a renderli frizzanti quanto basta. Merito senza dubbio della regia, competente e senza sbavature, ma priva di energia o mordente, com'era stato per "Un Americano a Parigi"; strana coincidenza che entrambi siano diretti da Minnelli e che entrambi soffrano degli stessi problemi. Paragonare questo a "Cantando sotto la pioggia" o "Sette spose per sette fratelli" rende le lacune soltanto più evidenti. Non boccio del tutto il film, perché come ho già detto l'impegno e la competenza ci sono sia davanti che dietro la telecamera, ma il risultato è stranamente sottotono e incolore rispetto a ciò che poteva essere.